Il destino dell’Europa passa anche dalla Francia
Il risultato del primo turno francese rivela un risultato che per certi versi è una conferma e per altri una sorpresa. Secondo i risultati definitivi forniti dal ministero dell’Interno di Parigi, con il 28,63% delle preferenze, il candidato socialista François Hollande è davanti allo sfidante Nicolas Sarkozy (27,18%). E fin qui niente che non fosse stato ampiamente previsto da tutti i sondaggi. La sorpresa maggiore è il risultato ottenuto dalla candidata dell’estrema destra (Fronte Nazionale) Marine Le Pen che con il 17,9 % si è piazzata terza. Seguono il candidato dell’estrema sinistra, Jean Luc Melenchon (11,13%) e il centrista François Bayrou (9,11%), in netto calo rispetto alle elezioni precedenti.
Nella storia della V Repubblica mai prima d’ora il presidente in carica non è in testa al primo turno e, sempre secondo le statistiche, dal 1958 in poi il vincitore è sempre stato eletto. A confermare che il prossimo inquilino dell’Eliseo sarà socialista sono anche i primi sondaggi dell’Ipsos – France che avvalorano tutte le tendenze registrate fin ora: il 6 maggio François Hollande diventerà presidente con il 54% dei voti mentre il suo sfidante si fermerà al primo mandato racimolando il 46% dei consensi. Ovviamente statistiche e sondaggi non sono dei vaticini, ma a meno di clamorosi colpi di scena, difficilmente si avranno risultati molto diversi. Anche se all’apparenza la somma dei voti dei due candidati è maggiore rispetto a quella dei candidati di sinistra, a differenza che in Italia, in Francia è la destra ad essere frontalmente divisa. Per la stragrande maggioranza degli elettori del FN, Sarkò rappresenta il simbolo di un Francia piegata agli interessi tedeschi “pronta a sacrificare i suoi figli” per assecondare i piani egemonici della Merkel. Del resto il fenomeno dell’estrema destra francese è molto più complesso e dai contorni più sfumati di quello che può sembrare all’apparenza. A differenza del padre, durante quest’ultima campagna elettorale, Marine Le Pen ha allargato di molto i confini del partito, presentandosi come la vera interprete del patriottismo francese opposto al liberalismo. Nello scorso mese di febbraio ha definito i lager nazisti “la summa delle barbarie umane” e ha spinto i francesi a liberasi delle classiche etichette di destra e sinistra a favore della dicotomia tra “patrioti e cosmopoliti”. Insomma più che Borghezio, la Le Pen assomiglia a quel mix di populismo, violenza, antipolitica e disperazione condito da ampie dosi di anti islamismo che ormai sembra farsi strada in tutti i paesi europei. Tutto questo le ha permesso di pescare voti non soltanto tra i nostalgici della guerra d’Algeria, ma persino tra la maggioranza dei giovani delle banlieue di origine araba.
Per questo, anche se il quartier generale del FN dovesse decidere di appoggiare al secondo turno il candidato gollista, secondo un nuovo sondaggio effettuato dall’istituto OpinionWay, soltanto il 37% degli elettori seguirebbe le indicazioni del partito, mentre addirittura il 18% potrebbe votare per Holland che, sempre secondo i sondaggi, almeno garantirebbe maggior indipendenza economica e politica dai tedeschi. Tuttavia da furbacchione disposto a tutto qual è, non è difficile immaginare che Sarkò utilizzerà il tempo che gli resta per cavalcare fino in fondo i temi cari all’estrema destra. Paonazzo in volto e schiumante di rabbia, con ogni probabilità, cosa che del resto ha già fatto, tuonerà contro gli immigrati, proporrà il ritorno alle dogane, leggi per impedire la delocalizzazione delle industrie francesi e si rimangerà gran parte del suo programma. Difficilmente, però, quest’operazione otterrà i risultati sperati. Troppo forte nella mente dei francesi è l’immagine del “Merkozy”, quell’essere ibrido per metà francese e per metà tedesco che per la stragrande maggioranza è sinonimo di crisi economica.
Non bisogna dimenticare infatti che la campagna presidenziale è stata condotta sulla base di due grandi referendum: il primo sulla figura di Sarkozy e il secondo sull’asse franco tedesco. Se sommiamo i voti di tutti i candidati non è difficile notare che l’elemento comune, ovviamente declinato in modi totalmente opposti, è proprio il rifiuto nei confronti della politica dell’austerità senza se e senza ma teutonica, dell’eccessivo potere delle banche. Il ricco Sarkò, l’arrogante Sarkò che ha fatto del suo corpo e di quello della sua compagna un valore politico (emblematico in tal senso un articolo del Le Monde che ha parlato di una Berlusconisation della politica francese) è per molti, soprattutto a destra, il simbolo della decadenza morale, politica e sociale di un paese disperato che ormai ha smarrito quasi del tutto la sua “grandeur” .