L’elezione svedese: si cambia, ma quanto?
Sì, i dati pressoché definitivi confermano che in effetti c’è una maggioranza relativa per un governo di sinistra, e che il SAP torna ad essere nettamente il primo partito…
Ma rivelano anche dettagli non da poco: la vittoria della sinistra si verifica non per una propria avanzata, di pochi decimali, ma per il crollo (-6,9% e -23 mandati) dei Moderaterna, partito assiale del governo di demolizione del modello svedese in questi ultimi anni. Da questo punto di vista la Socialdemocrazia (31%) in Svezia torna ad essere il partito-centrale, senza rivali veri. Però i suoi tanti voti perduti rimangono tali: ancora 10 anni fa superava il 40%. La coalizione o diciamo l’area di centro-sinistra rimane uguale a sé stessa, è il centro-destra classico liberal-conservatore a crollare. Anzi: praticamente solo il partito Moderaterna. Ed è il partito che l’amica Jenny Andersson mi incoraggia a definire tout court razzista (di sicuro è destra radicalmente nazionalpopulista) a raddoppiare: tocca il 13% dei voti (meno del 6% nel 2010).
La deriva “olandese”, con i tanti partitini postmaterialisti “one issue” è evitata dalla soglia di sbarramento del 4%: per questo FI (Iniziativa Femminista, guidato da una leader già del partito post-comunista Vensterpartiet) avanza cospicuamente (triplicando il risultato del 2010) ma rimane intorno al 3%. Voti che la sinistra rosso-verde non potrà usare. Ma, se è evitata la stucchevole, polverizzante deriva olandese (in Olanda il proporzionale è appunto assoluto, senza soglie…) non è detto non si apra la deriva norvegese, ovvero l’apertura della destra conservatrice classica al partito nazional-populista. A Oslo governano insieme, con la difficile acquiescenza dei liberali e democristiani di centro. Ma questo ha risospinto molto in alto nei sondaggi la socialdemocrazia norvegese (oltre il 37%). Per questo la legislatura del Riksdag di Stoccolma che si aprirà presto sarà interessante: i centristi omologhi svedesi e i conservatori-neoliberali Moderaterna potranno lavorare ad includere nei giochi (come già appunto anche a Oslo a Copenaghen) gli Sverigedemokraterna. Oppure liberali, democristiani e post-agrari del Centerpartiet preferiranno evitarlo prediligendo un rapporto con il governo che quaai certamente sarà guidato dall’ex leader sindacale metalmeccanico Löfven.
Pochi lo sanno, ma in fondo la grande era della socialdemocrazia svedese fu edificata da governi col partito contadino (oggi Centerpartiet, allora non certo progressista) oppure con governi di minoranza socialdemocratici. Ma oggi tutto è diverso. Soltanto se la Socialdemocrazia trarrà in profondità le giuste conclusioni dal risultato elettorale potrà ricostruire la propria egemonia e iniziare con pazienza, e ristabilendo gradualmente la propria credibilità di grande asse della riforma del capitalismo, ad attrarre alleati espliciti e impliciti (cioè esterni al governo) e a ridimensionare quindi gli Sverigedemokraterna. E il vero messaggio di questa elezione è che la distruzione del modello di parità fra capitale e lavoro intrapresa dai Moderaterna, e l’avanzata della precarizzazione, vanno non solo limitate, ma proprio invertite. Così anche il grande surplus commerciale svedese potrà ritradursi in meno precarizzazione, più domanda interna, inclusione vera, crescita equilibrata. Per la Svezia e per la UE nel suo insieme. Inoltre: affluenza all’83% circa. Ottimo, ancora. Ma come facevano notare i commentatori di Dagens Arena, essa è molto mal distribuita. Nei quartieri marginali e meno istruiti è la metà di questa cifra. C’è molto da lavorare, anche in Svezia.