Condividi:

" />
21 Feb 2014

Socialisti europei: la ‘buona società’ di liberi e uguali

Catturare l’immaginazione, e il cuore, dei cittadini, delle persone, in ragione della lunga storia di utopici, eretici e cantastorie dei migliori valori dell’umanità: libertà, uguaglianza, giustizia sociale, per fare la buona società laica, di liberi ed uguali.

E’ la parola d’ordine con cui socialisti, socialdemocratici, laburisti e progressisti, riuniti delPartito Socialista Europeo, lanciano la sfida culturale e politica alle forze conservatrici e moderate europee, dal Ppe guidato (forse) dal francese Michel Barnier ai liberali capeggiati dal belga Guy Verhofstadt, ispirate all’ideologia dominante, il neoliberismo ed alle forze nazional-populiste, come le Front National, della francese Marine Le Pen.

E in vista delle imminenti elezioni europee di maggio sono già fissati due importanti summit: il 5-6 marzo a Bruxelles, presente Martin Schulz, il candidato del Pse alla Commissione europea, il forum Inequality – Consequencens for society, politics and people(disuguaglianza, consequenze per la società, la politica, la gente) con gli economisti Joseph Stiglitz, Jean Paul Fitoussi, James k. Galbraith, Stefano Fassina e il 3-4 aprile sempre a Bruxelles l’incontro con i vertici del Pse A progressive renaissance for Europe (La rinascita progressista per l’Europa) organizzato dalla Feps, la Federazione europea di studi progressisti, diretta da Massimo D’Alema. In mezzo, il primo congresso del Pse a Roma a fine mese, ospitato dal Partito Democratico, la cui adesione annunciata da tempo non mancherà di sollevare roventi polemiche e mal di pancia non sol da parte ‘cattolica’ legata al Ppe ma anche da parte dell’area ex-diessina, riottosa a riconoscersi nel socialismo europeo.

Per i socialisti, socialdemocratici, laburisti e progressisti europei si tratta comunque di una grande sfida culturale e politica, quasi un evento storico, diretta, per un verso, a controbattere la devastante ideologia neoliberista che, dalla fine degli anni ’80, sotto la spinta di Reagan e della Thatcher, domina l’Europa, non senza aver fortemente contagiato gli stessi governi e partiti socialdemocratici (da Blair a Schroder) e il mondo e, dall’altra, a contrastare la perniciosa deriva razzista e xenofoba dei populismi. Indirettamente a rispondere, serrando le proprie fila, ai movimentismi di estrema sinistra riuniti nella Gue, che hanno oggi nel giovane leader di Syriza, Alex Tsipras la nuova stella polare, come un tempo e’ stata quella tanto adorata quanto eclissatasi nel nulla di Oscar Lafontaine.

Non e’ pero’ un momento facile per il Pse, al cui interno c’e’ un dibattito assai vivace ed articolato tra chi persegue una linea di continuità, che mostra evidenti segni di logoramento in Francois Hollande e chi invece vuol spingere l’accelleratore su un socialismo di sinistra.

Bisogna uscire dal ventennio di liberismo, smettendola di parlare di capitalismo decente o di capitalismo responsabile“, sostiene sul Social Europe Journal, Shyn McCallum, per il quale piu’ che a Carlo Marx, occorre rifarsi alle tre parole della Rivoluzione francese: libertà, uguaglianza, fraternità, magari oggi giustizia sociale.

Perche’ il capitalismo di per se, per sua natura, é incompatibile con il socialismo, come sosteneva nel lontano 1981 Riccardo Lombardi, stante la “cecità dei capitalisti, vale a dire l’impossibilità, connaturata alla loro essenza, che essi si rendano consapevoli degli effetti delle loro azioni nel suo complesso”, evidenzia con acutezza l’economista Paolo Leon. “[…] come il miope ha bisogno degli occhiali così i capitalisti hanno bisogno dello Stato […] e solo lo Stato puo’ rendersi conto della loro presenza e dei loro effetti, ma non è detto che ciò avvenga, perchè lo Stato puo condividere la miopia dei suoi stessi capitalisti”, è la originale tesi che l’economista keynesiano Leon, formatosi tra Federico Caffe’ e Paolo Sylos Labini, espone nel suo libro per Castelvecchi Il Capitalismo e lo Stato.

Scritto da

Carlo Patrignani

- Romano, classe '53. Giornalista professionista dal 1987. Dopo aver collaborato con il settimanale della Cgil 'Rassegna Sindacale' sono stato responsabile dell'Ufficio Stampa della rFilcea-Cgil e successivamente collaboratore di 'Lavoro e Informazione', mensile fondato di Gino Giugni. Attualmente scrivo su Huffington Post e Formiche. Ho pubblicato 'Lombardi e il fenicottero' (2010) e 'Diversamente ricchi' (2012).

  • Antonino Trovato

    C’è tanto da lavorare in mezzo alle persone, perchè, con la crisi, danno sempre la colpa all’euro, non distinguendo le responsabilità dei governi che si sono succeduti in Italia e che hanno portato il paese alla situazione attuale. Il governo berlusconi/bossi a livello europeo hanno accettato dei parametri insopportabili per il rientro del debito pubblico, che hanno affossato la nostra economia, aggravando e portando alla povertà milioni di famiglie. Onestà e chiarezza nell’affrontare le elezioni europee e rintuzzare le manovre dei populismi e delle demagogie sono necessari ed indispensabili per convincere i molti dubbiosi ,senza dare niente per scontato.