Alfabetizzazione, domani
di Girolamo Di Francia
Quando, nel 1979, lo scienziato statunitense Edward Lorenz teorizzò che il battito d’ali di una farfalla in Amazzonia avrebbe potuto provocare un uragano negli Stati Uniti, certo non intuiva neppure lontanamente la realtà profetica contenuta in questa sua affermazione.
Curiosamente, per il grande matematico, la traduzione pratica più eclatante di questa “visione” si ebbe, ben presto, in un settore piuttosto lontano dalla matematica stessa: il mercato immobiliare. Infatti, quando nel 1997 una piccola società tailandese di compra vendita di immobili, la Somprasong Land, tardò a pagare, in febbraio, un prestito di appena 3 milioni di dollari (una cifra ridicola, un battito d’ali di farfalla, in un mercato che muove migliaia di miliardi di dollari al giorno) inaspettatamente, questo insignificante evento si tradusse rapidamente in una imponente crisi finanziaria che ad ottobre di quello stesso anno comportò la perdita di circa 550 miliardi di dollari alla borsa americana. Era arrivato l’uragano teorizzato.
Ancora oggi fatichiamo a capire quello che sta accadendo e che però riusciamo, quantomeno sempre più spesso, a riconoscere. Non abbiamo ancora neppure trovato le parole giuste e, a seconda dei contesti, parliamo di complessità, globalizzazione, nuova barbarie. Ma il fenomeno però appare via via schiarirsi: lo schema di ridurre ogni cosa ad una locale fenomenologia di causa/effetto che ha pervaso la nostra esistenza per diversi secoli appare ora sempre più insufficiente per interpretare una società che è fortemente interconnessa e strutturata ed in cui l’informazione viaggia velocemente, seminando tracce sempre più numerose. Il web conta oggi almeno tante presenze virtuali quanti sono gli abitanti del pianeta con un quantitativo di dati misurabile in exabyte (miliardi di miliardi) e decisamente in aumento verso gli zettabyte. Un’ imponente massa di dati, accessibile a tutti e con sistemi dal costo limitatissimo, entro la prossima generazione. Non sarà dunque un problema di strumento, ma, per dirla con Keynes, di capacità di padroneggiare questa massa di informazioni, di capacità di interpretare il fenomeno che viviamo. Non c’è da temere: non mancheranno dunque le penne, i libri o i quaderni del domani. Corriamo invece il rischio e già i segni li vediamo oggi, di avere una popolazione di imbarbariti capaci di afferrare, di questi nuovi paradigmi civili e sociali, solo la banalizzazione più immediata, il prodotto consumistico più affascinante e maggiormente omologante, nella incapacità di definire invece un percorso e di cercare una sintesi, insomma, di scegliere coscientemente.
In altri termini gli analfabeti di domani avranno a disposizione una molteplicità di scelte così numerose da impedire, di fatto, la scelta stessa. E ci sarà, come spesso è accaduto nella storia delle civiltà, chi sceglierà per loro. Allora l’informazione che otterremo sarà quella selezionata da un certo motore di ricerca, il lavoro che prenderemo o perderemo sarà il prodotto di una serie di eventi maturati completamente a nostra insaputa, magari da qualche parte del mondo che neppure conosciamo, le malattie che ci affliggeranno saranno il frutto di un intrecciarsi di fattori geografici, ambientali, familiari su molti dei quali non potremo esercitare alcun controllo etc.
Mi viene in mente la suocera di Veronica, l’operaia che lavora “ind’i borz’” (cioè in una fabbrica, in nero, di borse) messa in scena da Rosalia Porcaro e che, per sottolineare il suo status sociale, afferma in modo petulante: “je teng’ e libbr’ pe’ tutt’part’” (ho libri dappertutto!). Avremo anche noi “e libbr’ pe’tutt’part’”, ma corriamo il rischio di assomigliare sempre più a quel personaggio e di essere capaci di utilizzare i nuovi strumenti quasi solo come soprammobili. Non abbiamo forse neppure imparato ancora veramente a leggere e a scrivere che oggi un incombente movimento sociale e culturale ci travolge di nuovo. La prontezza tecnica e la naturalezza dei nostri figli nell’acquisire e padroneggiare i nuovi mezzi di comunicazione di massa, continuamente in evoluzione, lascia ben sperare nella possibilità che questo cambiamento possa essere, in qualche modo, gestito. Da parte nostra non dobbiamo temerlo: è l’inevitabile destino che ci attende. Dobbiamo invece offrire la più ampia apertura mentale attrezzando al meglio le scuole (sì, proprio le vecchie scuole!) perché gli insegnanti possano consentire al meglio l’assestamento di questa nuova cultura, in una sorta di nuovo umanesimo. Questa è la lezione che la storia impartisce per evitare di ripetere gli errori del passato e per cogliere tutte le nuove opportunità che la complessità offre.
Girolamo Di Francia