Anch’io sono un NO-TAV.
di Pancrazio.
Perché sono un anarchico insurrezionalista? No.
Perché sono forse un valligiano egoista che non pensa agli interessi generali del paese? La risposta è ancora no.
Allora sono un brigatista o un black block?
Invece no, sono un No -TAV perché sono un napoletano di mezza età, socialista da intere generazioni e per molti anni iscritto al vecchio e nobile PSI di Nenni, Pertini e, perché no, del tanto discusso Bettino.
Tutto questo per dire che sono un moderato, non ho mai usato violenza privata o pubblica, sono attualmente impegnato in gruppi di ricerca spirituale e amo la vita. Ma sono incazzato perché vorrei anche nella politica un ritorno ai valori della solidarietà e del rispetto dell’etica per le generazioni presenti e future. Invece non trovo nella politica di palazzo la capacità di rappresentare i valori emergenti di una società che sogna nuove regole di convivenza umana, in una visione di interdipendenza, di armonia e rispetto per la natura. Oggi c’è una comunità sempre più numerosa che è stanca dei falsi miti del capitalismo opulento e oppressivo, che non crede più alla necessità delle scelte imposte e non è disponibile a rinunciare alla felicità in cambio di inutili beni di consumo che inquinano e danno invece solo sofferenza. Una comunità che non è composta da quei violenti che fanno tanto comodo ai berluscon-veltroniani per demonizzare chi propone un modello di sviluppo alternativo all’egoismo del profitto. E’ composta, per dirla con Thic Nhat Hanh, monaco zen candidato al Nobel per la pace, da coloro che
“ Consapevoli che l’ambiente e la società hanno subìto grandi violenze e ingiustizie, ci impegniamo a non vivere di una professione dannosa per gli esseri umani e per la natura. Faremo del nostro meglio per scegliere un mezzo di sostentamento che aiuti a realizzare il nostro ideale di comprensione e di compassione. Consapevoli dell’economia globale e della realtà politica e sociale, ci comporteremo in modo responsabile come consumatori e come cittadini, non investendo in aziende che privino gli altri della possibilità di vivere. Consapevoli della sofferenza causata da sfruttamento, ingiustizia sociale, furto e oppressione, ci impegniamo a coltivare la gentilezza amorevole e ad imparare modi per favorire il benessere di persone, animali, piante e minerali. Praticheremo la generosità, condividendo tempo, energie e risorse materiali con coloro che ne hanno bisogno. Siamo determinati a non rubare e a non possedere nulla che appartenga ad altri. Rispetteremo la proprietà altrui, ma cercheremo di impedire che altri traggano profitto dalla sofferenza umana e dalla sofferenza di altri esseri”.
Una comunità che crede nelle battaglie per i beni comuni, per l’acqua pulita, per l’aria respirabile, che vuole ritornare alla terra per seminare e rispettare le montagne e il mare. Sono degli inguaribili utopisti? Forse sì, ma senza chi sognava di rimuovere gli ostacoli all’uguaglianza tra le persone, i popoli e le nazioni non ci sarebbe stato progresso sociale.
E cosa più del socialismo può aiutare a sognare? Così come un uccello ha due ali per volare, così il socialismo senza la sua componente utopica probabilmente non avrebbe avuto la spinta per realizzare cose che sembravano impossibili. È stato proprio questo sogno che ha consentito ai socialisti italiani negli anni sessanta di imporre in un paese di catto-comunisti e ipocriti bizzochi il divorzio e l’aborto, a pretendere la nazionalizzazione delle imprese elettriche, ad imporre lo Statuto dei Lavoratori.
Oggi come allora vedo lo stesso anelito di libertà e di progresso umano in quella comunità di uomini e donne, giovani e anziani, che non si riconoscono negli interessi economici del treno veloce, che difendono, rischiando con la propria vita o con l’arresto, la terra, gli animali, gli alberi da sempre presenti e una natura che non sia deturpata in nome di un interesse pseudo collettivo.
La questione della TAV è dunque l’occasione per aprire un dibattito sul nostro presente, sui modelli di sviluppo per il futuro delle nostre generazioni. E’ un laboratorio politico della realtà italiana, europea, mondiale.
In gioco ci sono diverse visioni del progetto “esistenza”: accanto a chi vede la terra al servizio dell’uomo, c’è chi crede che non sia stata creata per soddisfare le sue immediate bramosie. Anche nel nostro paese si sta sviluppando tale pensiero critico proprio di persone che vogliono vivere in pace, in armonia con la natura, avendo di meno ma con più sicurezza.
Per questo sono anch’io un No Tav. Perché anche nella mia città si continua ancora a distruggere la natura per sostenere un modello di sviluppo basato solo sul consumismo. Soffro vedendo come hanno ridotto l’ultimo pezzo di terra non cementificato vicino casa mia.
Quando, per andare a lavoro, attraversavo il ponte, uno sguardo a destra per vedere il mare ed uno a sinistra alla terra dove in primavera crescevano papaveri selvatici e margherite, pensavo sempre che come abitanti del quartiere sarebbe stato bello riappropriarci della nostra terra per coltivarla. Ma è rimasto solo un altro sogno spezzato. Le ruspe l’hanno portata via. Ora è tutto distrutto e per sempre non ci sarà più terra.
Per tali ragioni oggi anch’io sono con i NO-TAV, perché loro stanno difendono la terra, mentre io non ho avuto la forza di difendere la mia.
Stanno costruendo parcheggi privati ed io devo lavorare per potermi comprare un’auto, magari una Panda di Pomigliano, altrimenti licenzieranno altri operai. Però non posso utilizzarla altrimenti contribuisco all’inquinamento e al traffico della città. Nel frattempo, non avendo dove metterla, devo indebitarmi per comprarmi un loculo box pertinenziale dove seppellire la mia auto. Allora mi domando: cui prodest?
Di fronte a questa realtà ha senso per i partiti di sinistra limitarsi a discettare se i manifestanti sono violenti o meno? O forse dovremo piuttosto quanto meno cercare di comprendere se in queste proteste c’è qualcosa che merita di essere difeso e concretizzato in azioni politiche?
Da vecchio militante credo di sì. Anche perché è nella natura del socialismo, a differenza della real politick, cercare di capire e rappresentare anche i sogni e le speranze.
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