Avanti, senza più fermarsi!
Il ritorno della storica testata “Avanti!”, il giornale dei lavoratori, quello vero, si concretizza quando più che mai ce n’è bisogno.
La coincidenza della data di uscita, non certo voluta e dettata da necessità editoriali del Riformista, con la ricorrenza della morte di Craxi accende ancora una volta la mai sopita questione sulla sua controversa figura: scoglio di rottura mai sanato non solo per i socialisti ma per tutta la sinistra, tra quanti ne vedono un punto oscuro della storia socialista da cui rifuggire il più possibile e quanti invece ne vedono un simbolo del “martirio” di una intera classe politica. Nonostante siano oramai passati più di vent’anni, la discussione è rimasta sostanzialmente sempre la stessa, ascrivibile alle parole “martire” o “latitante”; una semplificazione che potrebbe ben rappresentare metaforicamente buona parte del dibattito espresso dalla politica italiana e da quasi tutta la stampa di questi anni, un bipolarismo delle analisi che in realtà sembra più una “sindrome bipolare”: semplificazioni e radicalizzazioni basati su slogan, dibattito ridotto al livello delle urla da curve dello stadio, provincializzazione e banalizzazione delle istituzioni e della politica.
Con il ritorno dell’ Avanti!, la tentazione di molti ex socialisti potrebbe essere proprio quella di ancorare il glorioso giornale al tentativo di sanare l’eterna questione dei socialisti, di ricomporre tutti i protagonisti della diaspora, con il risultato di perdere ancora una volta una occasione storica di rilanciare le ragioni del socialismo. Infatti, l’Avanti! così come il Riformista, nell’interlocuzione con le generazioni dei nati dagli anni 70 in poi, quelli con sempre meno possibilità e sempre più incertezze e precarietà, quelli che dovrebbero riaccendere la fiamma socialista, devono proporre ragionamenti con lo sguardo volto indietro o, appunto, avanti? La risposta ovviamente sta nel titolo del glorioso giornale. Sia chiaro, ciò che è accaduto negli ultimi 20 anni è fondamentale per capire l’assalto dei poteri finanziari alla politica e alla sovranità popolare, tutto ancora da analizzare in profondità. Anche volendo provare a ricomporre alcuni protagonisti della diaspora, per richiamarli ad elaborazioni di oggi, dovrebbero farlo coloro che in questi anni hanno fatto poco o nulla per porre la “questione socialista” preferendo la più privata “questione dei socialisti”, la collocazione, l’incarico, il potere personale? Dovrebbero farlo i famosi dirigenti quarantenni degli anni 70-80, quelli che avevano capito tutto, quelli che hanno mandato in pensione l’enorme patrimonio culturale dei “grandi vecchi” in nome di una innovazione non fondata sui propri cardini culturali bensì su quelli del liberismo sfrenato? Per carità, sono stati obiettivo di una aggressione furiosa alla loro casa, ma la risposta era abbandonarla, lasciarla nella vergogna, se non ripudiarla? Addirittura ne abbiamo due versioni: socialisti a sinistra, di cui buona parte timorosi di definirsi tali o rannicchiati in condomini in forma partitica;poi i “socialisti di destra”, a cui dobbiamo fantasiose riletture, se non vere e proprie abiure, dei valori del socialismo su cui giustificare la loro collocazione nel giardino di quel Cavaliere che dalle sue reti aveva scatenato l’offensiva mediatica anti socialista. Il caro Berlusconi che forse ha usato una tattica molto semplice quanto antica ed efficace: fai fare al tuo avversario quello che vuoi tu, fingendoti alleato, poi colpisci; il tutto sapendo di contare su una guerra per la supremazia a sinistra basata non sui contenuti ma sulla denigrazione, sulla demonizzazione. Mentre alla grandissima parte dei compagni delle sezioni, la vera anima del socialismo italiano, toccava vivere i pregiudizi, quando non erano impegnati a ristabilire il loro onore nelle aule giudiziarie, senza clamori, senza ville, senza soldi, senza nani e ballerine. Oggi c’è bisogno di rinnovare le prassi e le declinazioni delle ragioni ed i valori del socialismo con un mondo che in pochi anni è cambiato radicalmente, col moltiplicarsi delle disuguaglianze, l’arretramento dei diritti, l’aumentare delle distanza sociali, sotto l’offensiva dei poteri finanziari. Non si può basare la rinascita di una cultura politica socialista moderna ed europea sulle elaborazioni di quanti non hanno saputo capire cosa accadeva quando erano nella loro contemporaneità politica, figuriamoci col mondo di oggi vissuto da costoro quasi sempre da lontano. L’opportunità che si ha col ritorno dell’ “Avanti!” unitamente al Riformista, è quella di ridare vita ad un’area di elaborazione e battaglia politica che dia spazio ad un confronto tra nonni e nipoti, come suggerito argutamente da Paolo Franchi in un suo recente articolo, agganciata alla società ed ai lavoratori di oggi, che combatta la scomposizione sociale, il qualunquismo, difenda la sovranità popolare, che favorisca organizzazioni meno verticistiche e più orizzontali e cooperative, metta in equilibrio rappresentanza e partecipazione, ridia dignità alla politica ed alle istituzioni. I grandi “vecchi”, Macaluso e Formica, possono rilanciare le ragioni del socialismo e chiudere la questione dei socialisti. Perché ad esempio non pubblicare analisi e ragionamenti di tanti anni di storia della sinistra, chiedendo ad alcuni giovani quali domande porrebbero agli autori, anche illustri, di quelle riflessioni per porsene altrettante oggi? C’è bisogno di porsi domande infatti, prima di definire risposte. Ogni soluzione alle questioni di oggi che non sono figlie di domande e di elaborazioni conseguenti, sono solo farraginose corse al consenso facile quanto vuoto di sostanza. Generazioni pronte a prendersi delle responsabilità ce ne sono, desiderose di ragionare, di discutere nel merito e senza tabù; altre sono da sottrarre al vento dell’antipolitica che sulla rabbia delle ingiustizie sociali trova ragione di essere. Ci sono le generazioni dei nuovi italiani, che possono portare al nostro paese la gran voglia di libertà che li ha condotti lontano dal luogo di origine. Ci sono generazioni da sottrarre alle sirene delle forze criminali, sempre più forti perché sostitutive di uno stato carente. C’è bisogno di incontrarsi, rinnovarsi, unire, riformare ma soprattutto andare Avanti.