Cara mala Italia
Tra un bicchiere di bordeaux e l’altro, un mesetto fa un amico parigino mi dice: “Non credere che qui le cose vadano bene! Per i giovani non c’è lavoro, e chi ce l’ha è perchè ha qualche conoscenza nei posti giusti! Ormai anche in Francia si va avanti con raccomandazioni e spintarelle, ma ancora non siamo arrivati al roboante baraccone italiano, qui si infrangono le regole ma con la vergogna di farlo”.
Io ho taciuto e lui pure.
Poi abbiamo cambiato discorso.
Ritornando in Italia pensavo a quanto fossero state dure le sue parole, a quanto mi avesse colpito quel concetto espresso in maniera così chiara e senza fronzoli, come di chi abbia vissuto la realtà dei quartiere delle nostre città italiane, come chi conoscesse l’Italia da sempre. Eppure, mi dicevo, non avevo motivo di essere offesa: lui aveva detto la verità e se mi fossi offesa era solo per accarezzare un orgoglio calpestato in primo luogo da noi italiani e lasciato alla mercè di tutt’Europa.
Certo la crisi, la Merkel, l’austerity.
Certo anche che l’Italia continua ad avere l’atteggiamento dei “nobili decaduti”, che elargiscono assegni assistenzialisti e non mettono mano ai debiti. E come i nobili che non rinunciano al superfluo così l’Italia follemente consente a se stessa un’evasione fiscale di 180 miliardi di euro l’anno (quante finanziarie sono?), il podio d’argento come secondo paese europeo per corruzione (la Grecia ha la medaglia d’oro), sprechi per 293,632 milioni di euro e un fatturato prodotto dalle mafie di ben 25,7 miliardi (dato del 2011 del centro universitario Transcrime).
“Le colpe sono tutte dei politici” è un ridondante ritornello che allontana dalle proprie responsabilità chiunque lo intoni (scordandosi dell’adagio di Nenni sulla purezza). La colpa è di tutti noi!
Ma un je accuse alla politica (a rischio di trovare poi uno più duro e puro di me!) lo devo fare: la colpa è quella di navigare a vista, di pretendere di risolvere i problemi con un ddl emergenziale ogni qual volta se ne presentano i sintomi, di considerare “estero” gli stati europei dimenticando di dover governare il locale in un mondo globale, di agire da muli come Alemanno che sparse sale da cucina sulle strade innevate o come gli ultimi governi che di fronte alla crisi aumentano le tasse senza considerarne le conseguenze!
Le “politiche delle idee”, quelle di Repubblica, dei grillini, di alcuni giovani scalpitanti pdini (oddio come si chiamano?) sono tra le cose più ottuse che si possano immaginare in questo momento.
Non abbiamo bisogno di idee in genere, ma di ideologie e di valori.
Grillo è post-ideologico, il PdL risponde al motto berlusconiano del “si faccia ognuno come vuole” (una visione certo malata dell’idea di “libertà”), il PD è indefinibile e mentre assistiamo al balletto noioso dei dibattiti, alla discesa in campo di leader che hanno la scadenza più corta della yogurt, dei plebisciti popolari spacciati come esempi di grande democrazia, ecco, intanto l’Italia cade a pezzi.
Per piacere, guardiamoci in faccia, diciamoci le cose come stanno, sputiamoci pure addosso se serve, ma poi cambiamo atteggiamento, pacifichiamoci prima di tutto con noi stessi, chiediamoci cosa vogliamo e poi come ottenerlo, perchè menti che rifiutano i grandi disegni possono produrre soltanto idee limitate e spesso banali.
L’Italia non è di chi la vive nel presente, l’Italia è di chi ce l’ha lasciata in passato e di quelli a cui la lasceremo in futuro.