Che cos’è l’impeachment?
Che cos’è l’impeachment
Il termine impeachment viene dal sistema politico americano, la cui Costituzione prevede questo meccanismo sia per i giudici, che per i componenti dell’esecutivo compreso i presidenti della Repubblica. In Italia l’impeachment esiste solo nel linguaggio giornalistico, mentre la Costituzione prevede invece la messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica come sancito dall’articolo 90 della Costituzione:
Il Presidente della Repubblica non è responsabile degli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.
In base a quanto sancito dalla Costituzione, il Presidente della Repubblica può quindi essere giudicato solo per i reati di “alto tradimento” (ad esempio la diffusione di segreti di Stato, l’accordo con Stati esteri nemici) oppure, “attentato alla Costituzione” (ovvero la violazione sistematica delle norme allo scopo di sovvertire la Costituzione), mentre tutte le azioni politiche compiute nei limiti della Costituzione ( come la concessione della Grazia, la scelta del Primo Ministro, dei Senatori a vita ecc.) non possono essere sottoposte a stato di accusa.
Come funziona l’impeachment
L’impeachment, o meglio la messa in stato d’accusa del Presidente dalla Repubblica, è un procedura estremamente lenta e complessa che prevede numerosi e laboriosi passaggi, tanto che non si è mai arrivati a completare il percorso. Il timore dei Costituenti era infatti che una sistema più troppo semplice, ad esempio simile a quella in vigore negli Usa, avrebbe esposto il Capo dello Stato ad accuse pretestuose o infondate o a possibili ripicche. Per questo nel nostro ordinamento la procedura di impeachment si configura come un vero e proprio processo.
Innanzitutto deve essere presentata una richiesta di messa in stato d’accusa al presidente della Camera, corredata da tutto il materiale probatorio a sostegno dell’accusa. A questo punto il presidente della Camera trasmette poi il dossier a un apposito comitato per le autorizzazioni a procedere, formato dai componenti della giunta del Senato e della Camera, rappresentativo di tutti gli schieramenti politici presenti in Parlamento che ha il compito di decidere sulla legittimità dell’accusa, e dopo aver raggiunto un verdetto (è previsto il voto a maggioranza) presenta una relazione al Parlamento riunito in seduta comune. Il comitato può scegliere di archiviare il caso se ritiene che le accuse sono diverse da quelle stabilite dall’art. 90 della Costituzione, oppure di deliberare la votazione in aula della messa in stato d’accusa. In entrambi i casi i parlamentari possono proporre ulteriori indagini, oppure possono mettere in discussione la competenza parlamentare dei reati imputati.
Qualora il comitato deliberi che non sussistano le condizioni, la decisione viene approvata senza il passaggio del voto. Al contrario se la relazione propone la messa in stato d’accusa, Il Parlamento vota a scrutinio segreto con maggioranza assoluta.
Ma non è finita qui. Se il Parlamento dà l’autorizzazione a procedere con l’impeachment, la questione passa alla Corte Costituzionale, alla quale per questa particolare circostanza vengono affiancati sedici giudici aggregati, estratti a sorte da un elenco di quarantacinque persone. Sarà quindi la Corte costituzionale così composta a decidere attraverso un vero e proprio processo, dove i rappresentanti del Parlamento faranno da pubblici ministeri.
L’Impeachment nella storia italiana
Nella storia della Repubblica italiana non si è mai verificata la procedura di stato d’accusa. Nel 1978 Giovanni Leone si dimise quando il Pci annunciò di voler avviare la procedura per lo scandalo Lockheed, e cosa che fece anche Cossiga quando nel 1992 il Pds annunciò di voler chiedere lo stato d’accusa per, per “il Presidente picconatore” per aver snaturato il ruolo di Presidente.