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3 Giu 2013

Che fare a sinistra?


I risultati delle elezioni amministrative fanno di certo tirare un sospiro di sollievo ai progressisti
; in particolare il temuto successo della destra non si è verificato e il ridimensionamento del M5S probabilmente ha dato un po’ di respiro ai candidati del centro-sinistra. Tuttavia non mi pare che ci sia da essere troppo soddisfatti. Non voglio discutere più di tanto sul dato drammatico dell’astensione, che meriterebbe una riflessione a sé. Per la verità ho anche già detto che un forte ridimensionamento del M5S, se fa bene ai candidati della sinistra, potrebbe invece a lungo andare fare male alla loro qualità; non mi stancherò mai di ripetere che il M5S ha fatto la sinistra migliore e avrebbe anche prodotto a mio parere il migliore governo di centro-sinistra della storia repubblicana, se  lo avessero voluto.

destra-sinistra-bohLa tenuta del PD potrebbe non essere foriera di buone notizie. Mi rendo conto di camminare su sentieri complicati, ma ci provo.  Non è neppure il caso di sottolineare che sono ben contento che i/le candidate del centro sinistra siano ai ballottaggi in condizione di vantaggio. Evviva. Però cosa significa questo in termini di strategia e di posizionamento dentro il PD? Hanno buttato via Prodi, non hanno neppure discusso la possibilità di votare Rodotà, avevano promesso “mai con B” e invece ci governano insieme, avevano detto “si ritorna al Mattarellum subito” e ora invece bacchettano chi  prova a ritornare al Mattarellum, Bersani aveva detto no agli F-15 e ora mi pare che li compriamo. Per amore di patria mi fermo qui, ma la sapete che l’elenco potrebbe continuare. Nessuno parla più di 101 traditori che di nascosto hanno ammazzato l’ipotesi di un governo e di un presidente della repubblica diversi. Il rischio, lo dico con molta chiarezza, è che il buon risultato delle amministrative confermi il PD nelle sue politiche pessime. D’altra parte se gli/le elettori lo votano, magari queste politiche sono meno pessime di quello che io pensi. Ecco, io temo che questo possa essere il ragionamento dei dirigenti del PD, già normalmente non molto inclini al cambiamento.  Se ci fosse la possibilità di spiegare il voto, mi piacere che una potesse scrivere sulla scheda elettorale “Vi voto perché Alemanno è pessimo, ma non vi montate la testa che anche voi non è che siete un granché”. Forse, in realtà, davvero i/le compagni/e della sinistra critica dovrebbero promuovere una raccolta di dichiarazioni come queste; magari dei video-box in cui i cittadini all’uscita dal voto possano mandare un messaggio alla sinistra, tanto per chiarirci tutti le idee. Perché a me pare che il risultato di SEL alle elezioni sia rimasto modesto; per carità lo so che il partito di Vendola è andato bene, ma dopo i disastri del PD e la performance discutibile del M5S mi sarei aspettato travasi massicci di voti.

La questione è che occorre discutere se sia possibile immaginare una sinistra che includa il PD o se piuttosto occorra andare oltre quell’esperienza. Ci sarebbe una risposta facile: il PD non è più un partito di sinistra da tempo. Basta leggere le dichiarazioni di Chiamparino – che credo voglia candidarsi alla segreteria del partito liberale, se ho capito bene – o di Renzi per realizzare la distanza siderale tra il PD e le ragioni della sinistra. Eppure questa risposta facile non mi convince. La vera questione è se vogliamo dare un contributo a salvare la sinistra dentro il PD o meno. Lo dico in tutta franchezza: non sono sicuro che sarà possibile e certo questa esperienza del governissimo non aiuta. Ho partecipato per molti anni alla vita di uno dei partiti che sono confluiti nel PD , facendo parte della sua minoranza organizzata. Ritenevo che fosse possibile condizionare le scelte del partito, far pesare le nostre ragioni, ancorarlo saldamente alla sinistra. In alcuni momenti direi che ci siamo riusciti, e alcune parole chiave della minoranza, sono diventate le parole di tutto il partito. L’esperienza del Correntone, in particolare, fu, a mio parere, di grandissimo interesse; personalmente ero molto convinto della bontà di mettere insieme esperienze e culture diverse (nel correntone aderivano gli ex comunisti democratici di Ingrao, Veltroniani, Cofferati e pezzi di CGIL, ambientalisti); ma poi quell’esperienza fallì, sommersa dai personalismi, Cofferati si ritirò in buon ordine a Bologna (davvero in buon ordine) e si spense la speranza dei movimenti. Anche L’Unità fu normalizzata.

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Oggi il PD è un partito supermarket in cui ci trovi tutto, da Fassina a Chiamparino, da Renzi a Civati. Questo non è del tutto inconsueto perché spesso nei partiti progressisti ci sono anime diverse che si confrontano nei congressi o magari nelle primarie. Bisogna costruire il campo dei progressisti fuori del PD perché questo è il modo migliore per sostenere la sinistra dentro il PD. Non credo che il tema sia reclutare un paio di dirigenti in fuga da un partito alla deriva; meglio invece sostenere una grande alleanza sui temi, sulle questioni. Ci vuole una agenda per il cambiamento intorno alla quale radunare sindaci, parlamentari, intellettuali, cittadini. In maniera trasversale. Acqua pubblica, spese militari, corruzione, reddito di cittadinanza, scuola e sanità pubblica, no alle grandi opere inutili, nuove produzioni e sostenibilità, diritti civili: su questi temi si può aggregare una alleanza che può già fare e che può di fatto prefigurare una futura alleanza di governo. Si parla finalmente delle lobbies che controllano la politica (e ancora una volta bisogna ringraziare il M5S); ma perché non costruire non una lobby ma una grande alleanza per il cambiamento? Si potrebbe arrivare a sostenere i candidati di questa alleanza in maniera trasversale anche se candidati in partiti e movimenti diversi.

Su questo, ovviamente, incombe la questione Grillo. Dopo avere insultato Rodotà, secondo un copione per la verità da vecchissima politica, ha fatto marcia indietro ma di fatto ha detto che il M5S non è nato per fare il soccorso rosso a Vendola e Civati. La metafora (slogan?) che Grillo sta usando è davvero brutta: come in Highlander resterà uno solo? Di che parla? Di partiti politici? Uno solo? Ovviamente, si tratta di una battuta, di uno slogan; Grillo ci spiegherà subito che non vuole dire un solo partito perché lui non vuole uno stato totalitario. Io non sono un esegeta di Grillo e mi piacerebbe una politica in cui non occorrono esegeti; ciascuno dice quello che gli/le pare ma poi non se lo rimangia, spiega, interpreta ecc.   Io credo che Grillo abbia ragione se quando dice che non vuole fare il soccorso rosso intende che il M5S non può solo dare i voti a personaggi, idee, progetti, governi ecc. altrui. Ha ragione. Questo è il motivo per cui credo che il PD abbia sbagliato a proporre al M5S il governo Bersani, invece di proporre un governo completamente nuovo. Ma non può neppure chiedere i voti a persone, idee, progetti, ecc. suoi. Dovrebbe scegliere di costruire insieme… Insomma invece di tagliare le teste, dovrebbe scegliere quelle che gli piacciono e imparare a parlarci. Meno epico, ma decisamente più interessante.

dal mio blog http://letteredaunfegatoinfuga.webnode.com/

 

Scritto da

Marco Armiero

- Ho 46 anni e sono uno storico dell'ambiente. Lavoro al CNR, ma da molti anni sono all'estero; ho lavorato negli USA, a Yale, Berkeley e Stanford, in Spagna, all'Università Autonoma di Barcellona, ora sono in Portogallo al Centro di Studi Sociali di Coimbra. Tra poco sarò a Stoccolma dove vado a dirigere l'Environmental Humanities Lab del Royal Institute of Technology. Non mi considero un cervello in fuga, ma magari più un fegato in viaggio (in effetti, in Italia mi stavo davvero facendo un fegato così). Ho un blog tutto mio http://letteredaunfegatoinfuga.webnode.com

  • marcoarmieromarco

    Grazie a Mauro e Giovanni per il tempo dedicato a leggermi. Le loro critiche mi fanno pensare. Il rischio di raccogliere solo micro-scissioni nel PD e scarsa identità di SEL (schiacciata sul suo leader) sono questioni giustissime. Tuttavia io credo che una sinistra più forte fuori dal PD aiuterebbe il PD stesso. Non si tratta di immaginare una sinistra che tenga fuori il PD per religione ma piuttosto immaginare le strategie per ancorare il PD alla sinistra, che nella mia ingenuità non è un luogo giografico dato ma una costellazione di conflitti che rivendicano diritti e costruiscono alternative. Comunque i rischi indicati da mauro e giovanni e una mia congeniale ingenuità (mista a volontarismo) sono verissimi.
    Grazie ancora

  • Giovanni Mancini

    Gentile professor Armiero. Il suo ragionamento nel complesso è condivisibile e giusto, ma secondo me pecca di ingenuità e pragmatismo. E’ vero ci vuole una agenda di cambiamento, ma chi la dovrebbe attuare? SEL? Rodotà? Alba? Sono vent’anni che in Italia poniamo fiducia in movimenti come i girotondini o in possibili leader come Cofferati o Vendola. Anche io, come lei, ho fatto parte del Correntone e sono sempre stato la “minoranza”, tanto che a volte mi sento come nel fil di Nanni Moretti (ricorda il passaggio sulle minoranze in Caro Diario?). Purtroppo mi dispiace dirlo, ma in questo momento storico non credo che sia possibile immaginare una sinistra senza il Pd, per quanto sia un partito supermarket come lo definisce lei. Sinceramente non vedo molte alternative (e aggiungo purtroppo). Ha ragione Morelli quando dice che SEL è un partito senza anima né identità, e non credo che riuscirà mai a trovare una collocazione strategica che non sia l’identificazione nel suo leader. Insomma, credo che al massimo potrà raccogliere qualche micro scissione interna al Pd. Ma ne abbiamo davvero bisogno? Quante scissioni di minoranza abbiamo fatto nella nostra vita e stiamo ancora qui ad aspettare il sol dell’avvenire.
    Comunque ancora complimenti per il suo articolo e auguri per la sua vita professionale
    Giovanni Mancini

  • Mauro Morelli

    Caro Marco,
    rispondo solo per dirti che, nel complesso, il risultato di SEL a Roma (unico vero test politico, per dimensione della platea degli aventi diritto al voto) è stato lo stesso delle Regionali e lo stesso delle Politiche. Sostanzialmente la differenza percentuale è data dal dato degli astenuti.
    Ma SEL rimane un partito del 3%, sul 75% degli ipotetici votanti alle politiche.
    Il punto non è, quindi, se SEL sia in grado di raccogliere i voti in fuga dal PD. Il punto è se SEL riuscirà a trovare una collocazione strategica utile a cambiare la percezione che i cittadini hanno di essa.
    Il punto sta tutto qui e la risposta deve venire dal congresso.
    E temo proprio che tarderà molto.

    Saluti affettuosi,
    Mauro.