Dov’è finita la credibilità dell’Italia?
C’era una volta la politica estera italiana. C’era una volta, prima che la nostra credibilità internazionale venisse definitivamente compromessa.
Neppure nei lontani tempi della ricostruzione post Seconda Guerra mondiale, il nostro paese aveva un peso tanto insignificante ed era tanto screditato agli occhi delle cancellerie e dell’opinione pubblica mondiale. Eppure, dopo la parziale uscita di scena di Berlusconi, considerato in tutto il mondo ormai come una sorta di satrapo orientale, pensavamo che il fondo fosse stato toccato e che più in basso di così non si poteva andare. Certo qualcosa per fortuna è cambiato: non abbiamo più avuto un premier che accoglie con tutti gli onori un dittatore (ricordate le tende di Gheddafi piantate al centro di Roma?), non ospita nelle sue residenze, attorniato da donnine seminude, i partner stranieri (ricordate le foto del premier Topolanek nudo a Villa Certosa?), non dà del Kapò ad un leader tedesco, non organizza bunga bunga e non dà dell’”abbronzato” al presidente USA. Purtroppo però, a parte un deciso cambiamento di stile, il nostro paese continua a collezionare errori e figuracce. Nel corso di quest’ultimo anno e mezzo abbiamo avuto nell’ordine: l’incredibile vicenda dei due marò in India, le offese razziste del vice presidente del Senato Calderoli ad un ministro della Repubblica, la tormentata vicenda del dissidente kazako Mukhtar Ablyazov e infine, a completare il poco idilliaco quadretto, la beffa dell’agente della CIA Seldon Lady, condannato in Italia a 9 anni per il rapimento dell’imam Abu Omar, rilasciato da Panama e rientrato negli Stati Uniti da dove senza dubbio non verrà mai estradato in Italia.
A questo punto molti si domanderanno che cosa c’entrano l’agente CIA che gli USA si rifiutano di consegnarci con il caso del dissidente kazako? Apparentemente niente: il primo è un’ingiustizia che abbiamo subito mentre il secondo caso è un ingiustizia che abbiamo commesso. In realtà entrambe le questioni sono la stessa faccia di quel cul de sac in cui si è auto – infilata l’Italia. Secondo il diritto internazionale, l’operazione che ha portato al sequestro di Abu Omar in territorio italiano è definita una “extraordinary rendition”, ovvero una procedura straordinaria che viola il diritto internazionale e che come tale potrebbe arrivare, almeno in via teorica, sino alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja. Quindi, nonostante gli Stati Uniti abbiamo un peso specifico internazionale molto più forte del nostro, l’Italia avrebbe tutte le carte in regola per riuscire ad assicurare alla giustizia chi materialmente ha coordinato e pianificato il sequestro sul nostro territorio e la tortura di un cittadino. Peccato che, proprio nelle ore in cui si diffondeva la notizia dell’arresto di Lady, venivamo accusati a Ginevra dalle Nazioni Unite di avere perpetrato, ai danni della famiglia di Ablyazov, lo stesso reato di extraordinary rendition. In pratica siamo nella situazione paradossale di dover accusare e contemporaneamente di doverci difendere dallo stesso reato.
Con quale credibilità si può sperare di ottenere giustizia quando siamo i primi a violare le norme? Con quale autorità possiamo chiedere che i responsabili di un crimine siano processati quando non riusciamo neanche a stabilire con certezza le nostre colpe? E con quale forza possiamo far pressione in Europa e nel mondo quando il nostro Ministro degli Interni non sente avverte neanche per un momento la necessità di dimettersi per difendere le istituzioni, ma si limita a scaricare, con arroganza, sui funzionari dello stato tutte le colpe?
Molto probabilmente grazie all’estate e ai guai giudiziari di Berlusconi le due vicende spariranno dalle prime pagine e la loro risoluzione sarà rinviata a data da destinarsi. Tuttavia, la credibilità dell’Italia nel mondo non ritornerà grazie alla potente forza dell’oblio. Se gli italiani dimenticano facilmente, la stessa cosa purtroppo non si può dire delle cancellerie e dell’opinione pubblica mondiale. Non stupiamoci, quindi, se nel futuro il nostro paese continuerà ad essere preso a pesci in faccia. Anche perché non basta lamentarsi o considerarsi una rispettata e matura democrazia per esserlo davvero. Bisogna innanzitutto avere noi stessi rispetto per il nostro paese non tollerando più che si possano violare impunemente le leggi e pretendendo che, come avviene in tutto il mondo, dopo uno scandalo chi ha sbagliato si assuma le proprie responsabilità.
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