Condividi:

" />
10 Dic 2012

Fisco: Italia Vs Europa – con un approfondimento sulla Francia

La pressione fiscale nel 2011 è lievemente scesa, attestandosi al 42,5% del Pil (era pari al 42,6% nel 2010), l’Istat ha evidenziato che le imposte indirette sono cresciute del 2%, trainate prevalentemente dall’aumento del gettito dell’Iva e delle imposte sugli oli minerali e gas metano. Le imposte dirette sono risultate in riduzione dello 0,1%, essenzialmente per effetto della contrazione dell’Irpef.

Questa è la situazione descritta dall’Istat, però è doveroso evidenziare che la differenza tra la pressione teorica e quella effettiva viene notevolmente distorto dalla presenza dell’ economia sommersa. Infatti quando l’Istat calcola il PIL (che rappresenta la ricchezza generata in un anno nel nostro paese) include anche una stima del “nero”. Questo è giusto, perché sarà “sommersa” ma è pur sempre una ricchezza che viene prodotta in Italia. L’economia sommersa inclusa nel PIL ai fini di questo calcolo è di circa il 18%: dunque quelli che si mettono in tasca questo 18% non pagano le tasse, o le pagano parzialmente, perché anche un evasore totale quando va in un negozio o al ristorante paga l’IVA.

Depurando i dati da queste evidenze risulta che in Italia la pressione fiscale effettiva è tra le più elevate al mondo, pari al 55%. Altri paesi con una pressione fiscale elevata sono la Danimarca (48.6%), la Francia (48,2%), la Svezia (48%), ma dalle cifre riportate diventa evidente che questi paesi sono molto distanti dal livello italiano.

Cerchiamo di analizzare la composizione del gettito fiscale:

  • Imposte dirette (vanno a colpire in maniera diretta la ricchezza del cittadino, IRPEF, IRAP, IRES, etc.)
  • Imposte indirette ( si applicano quando abbiamo la vendita di un bene oppure andiamo ad usufruire di un particolare servizio o di una prestazione, IVA, Accise sulla benzina,  etc.)
  • Contributi Sociali
  • Imposte in conto capitale ( in Italia peso quasi nullo)

Possiamo facilmente evidenziare che in Italia il peso delle imposte sui redditi (Personal income tax) rappresentano poco meno del 12% della pressione e che questo rappresenta una quota rilevante delle entrate del nostro paese a differenza di Germania o Francia (rispettivamente 8,9% e 7,3%).

Nell’ambito delle Imposte dirette la parte del leone viene fatta dall’IRPEF che copre circa il 75% del totale di questa categoria, e che dovrebbe riequilibrare il sistema fiscale in modo da renderlo progressivo. Ma possiamo evidenziare che il criterio di progressività delle imposte, proprio per la ripartizione ed il peso delle imposte, risulta compromesso. Questa non è una peculiarità solo italiana, molti dei sistemi fiscali europei, presenta una certa regressività che si traduce in una spaccatura sociale ed economica molto forte.

Il forte peso delle imposte indirette (Value-added or sales tax e Other taxes on goods and services) secondo alcuni potrebbe compromettere le progressività e l’equità del sistema fiscale. Inoltre l’enorme peso di tale tipo d’imposte presenta lo svantaggio di avere effetti regressivi sull’imposizione complessiva ma anche un effetto discorsivo sui consumi, infatti poiché la propensione marginale al consumo è decrescente al crescere del reddito ne consegue che un aumento dell’IVA e/o accise, colpisce in modo più forte i percettori di reddito medio-bassi: questi ultimi infatti, dedicano al consumo una maggiore quota del proprio reddito rispetto ai soggetti a medio-alto reddito. Un eventuale riduzione del peso delle imposte indirette non solo porterebbe ad un riequilibrio del sistema ma anche ad un’aumento dei consumi interni che potrebbe rappresentare un volano a favore della crescita del PIL.  Anche la Codacons afferma che:” Il calo del Pil dipende in primo luogo dal crollo dei consumi, dovuto all’aumento dell’Iva e alle troppe tasse che hanno colpito gli italiani indipendentemente dalla loro capacità contributiva”.

Da qui forse nasce l’idea del libro ”Per una Rivoluzione Fiscale” di Landis-Piketty-Saez, che si pone l’obiettivo di individuare possibili ricalibrature del peso delle imposte nel sistema fiscale francese, sotto l’ipotesi di un gettito complessivo invariato ma anche mantenendo  inalterato il tasso medio di imposizione., intervenendo solo sul lato della tassazione del reddito delle persone fisiche. Suggeriscono l’ inserimento di un’aliquota effettiva applicabile alla totalità dei redditi e non in aliquote marginali, che rappresenta un concetto estraneo sia alla cultura francese come per quella italiana. Il risultato proposto nel loro studio sarebbe quello di aumentare leggermente la tassazione per il solo 3% più agiato (al di sopra degli € 8.000 lordi mensili), mentre presenta una leggere riduzione per coloro i quali hanno un reddito intorno ai € 6.000 lordi mensili.

Di seguito si espone la tabella con le aliquote proposte dai tre autori:

 

L’imposta così disegnata andrebbe a sostituire le vecchie imposte IRPP (imposta sul reddito delle persone fisiche), CSG (imposta proporzionale sui redditi) ed altre imposte minori. Quindi il vantaggio di tale struttura impositiva non solo è quello di introdurre il concetto di progressività ma anche quello di semplificare la definizione delle imposte per il contribuente.

Per effettuare tale disegno fiscale, gli autori si sono ispirati al concetto di efficienza economica e di giustizia fiscale esposto dal Rawls:”L’ottimo sociale corrisponde al massimo miglioramento possibile delle condizioni e delle opportunità di vita dei gruppi sociali più svantaggiati ovvero di coloro i quali beneficiano di condizioni ed opportunità minime”.

Nasce però il dubbio di come tale struttura possa influire sull’offerta di lavoro, però evidenziano che da diversi studi in materia sottolineando che l’elasticità stimata per gli alti redditi è nulla o pressoché non rilevante. Spesso però il dibattito in Francia, come in Italia, si concentra sugli effetti di delocalizzazione delle imprese ma come da loro stessi sottolineato la riforma tocca solo l’imposta sul reddito delle persone fisiche.

Queste ipotesi esposte dai tre economisti francesi evidenzia che il riequilibrio dell’imposizione è necessario non tanto e non solo per ragioni di giustizia distributiva, ma, più in profondità, per garantire l’efficienza e la sostenibilità del sistema. Potendo ottenere una maggiore progressività ,in tal modo non solo si andrà a salvaguardare un principio costituzionale ma anche il principio di uguaglianza “ a reddito uguale, imposta uguale”.

Tali indicazioni potrebbero rappresentare uno spunto interessante per un dibattito reale e concreto all’interno del nostro Bel Paese, che ormai si è cristallizzato esclusivamente sulla parola “riforma fiscale” senza che mai nessuno abbia fatto un passo in avanti per rendere il nostro paese più moderno.

Scritto da

Luigi Cristiani

- Economista e appassionato di tutta la letteratura economica da Smith a Marx, da Keynes a von Hayek, da Modigliani a Friedman. Amo i fumetti della Marvel (Spider-Man, The Avengers, Fantastic Four, X-Men), lo squash, il tennis e il basket. Patito per il Napoli