François Hollande: ritratto di un socialista che può cambiare l’Europa.
Era dai tempi di François Mitterrand che il partito socialista francese non riusciva a vincere il primo turno del ballottaggio presidenziale con ottime prospettive di assicurarsi anche il secondo. L’artefice di questo successo è un politico molto lontano dallo stereotipo del leader carismatico. Anzi, forse ne è il contrario. François Hollande è quasi il ritratto dell’uomo comune, sovrappeso, timido, stempiato, allampanato, con la faccia bonaria del professore di liceo di periferia. Non è un grande oratore, anzi, a dire il vero è considerato leggermente soporifero. La sua voce non riesce a scaldare i cuori. Eppure le sue parole arrivano chiare, precise, dirette.
Il “labrador di Mitterrand”, “Monsieur Royal”, il “postino”, “il burocrate” sono soltanto alcuni dei perfidi soprannomi che gli sono stati affibbiati nel corso degli anni. Eppure, questo navigato dirigente socialista ha alle spalle una lunga carriera politica iniziata dalla gavetta delle giovanili studentesche ed è stato il più ascoltato consigliere economico di Mitterrand. Certo non ha l’autorevolezza di Dominique Strauss- Khan (e per fortuna neanche i suoi smodati appetiti sessuali) né l’arguzia politica di Lionel Jospen. Le sue posizioni sono equidistanti sia dal centrismo supermoderato di Michel Rocard che dalla sinistra interna di Laurent Fabius. Per undici anni ha guidato il partito socialista predicando calma, fiducia e unità, accettando di buon grado che a prendersi gli onori della cronaca fossero i suoi compagni più carismatici compreso l’ex compagna di vita Ségolène Royal.
Come ha fatto allora questo politico che assomiglia incredibilmente al vicino di casa a conquistarsi le simpatie in una nazione che da sempre ama considerarsi il cuore dell’Europa? Certo un fattore rilevate è stato la grande impopolarità di Sarkozy, ma paradossalmente anche la normalità di Hollande si è rilevata per molti elettori un fattore rassicurante. Senza bisogno di urlare, ma soltanto con la pacata determinazione di chi si definisce non più genericamente progressista “ma decisamente socialista”, per tutta la campagna elettorale François Hollande ha avuto la forza e la coerenza di puntare sui capisaldi storici delle battaglie socialiste: lavoro, giustizia sociale, controllo dei mercati e diritti civili. Senza cadere in facili tentazioni centriste, Hollande ha proseguito a testa bassa, con pacata cocciutaggine, nella sua battaglia per convincere i francesi che nonostante la crisi in atto esiste “una speranza calma, ferma e lucida. Una speranza di giustizia, di equità, e futuro” invitando i giovani francesi “a non rifugiarsi in un voto senza un futuro, o peggio, perdersi, perché disperati, stanchi, e frustrati, e andare verso la deriva”.
François Hollande sembra incarnare il nuovo corso del socialismo europeo. Durante la sua campagna elettorale ha infatti dichiarato a più riprese che con il suo mandato la Francia si impegnerà anche per cambiare l’Europa. Non più una politica di austerità senza se e senza ma di stampo teutonico bensì un nuovo corso che sappia coniugare le politiche di rigore con “un controllo delladittatura dei mercati, ponendo dei precisi limiti alla speculazione finanziaria”. In uno dei discorsi più riusciti ha affermato “La democrazia è più forte dei mercati. La Repubblica è più potente della finanza. La Francia è più grande della speculazione”
Persino nell’ultimo giorno di campagna elettorale, Hollande ha approfittato per tornare sul tema del ruolo della Bce, chiarendo quale sarà l’atteggiamento della Francia: “La Banca centrale europea ha due modi per sostenere la crescita. Il primo è quello di abbassare i tassi d’interesse, quindi dovrà andare in quella direzione. Il secondo è quello di prestare denaro direttamente agli Stati, piuttosto che passare attraverso il sostegno alle banche”.
Del resto la portata dirompente di un’eventuale elezione di questo socialista pacato e coerente, rassicurante ma deciso, ha provocato la furiosa reazione dei mercati e l’intervento a gamba tesa della cancelliere tedesca Angela Merkel che, violando ogni forma di bon ton diplomatico, ha manifestato apertamente il suo sostegno per Sarkozy parlando addirittura “di un risultato preoccupante al primo turno”. Anche perché la paura in ambienti di destra è che si possa avere un effetto contagio nei soporiferi partiti progressisti europei. Del resto negli ultimi anni la sinistra, soprattutto quella italiana, è stata abituata a vivere di luce riflessa: prima c’è stata la fascinazione di Blair e della sua terza via, poi è stata la volta di Zapatero e infine quella di Obama. E chissà che ora non sia la volta buona di un semplice e persino banale ritorno all’autentica radice delle battaglie socialiste.