Anche i guru possono sbagliare
Ovvero gli errori di comunicazione del M5S
Diceva Giuseppe Mazzini “imparano più i popoli da una sconfitta, che non i re dal trionfo”. Chiaramente questa saggia massima non è molto seguita in politica. Basta leggere le dichiarazioni dei politici il giorno dopo le elezione per accorgersi che nessuno perde mai. Tutti hanno vinto, non hanno sbagliato niente e, se c’è stato un calo elettorale, è colpa del popolo che nella sua stupidità non è stato in grado di comprendere il messaggio.
Prendete ad esempio Beppe Grillo, il vero sconfitto delle elezioni europee di maggio. Per lui la colpa dei venti punti di distacco dal Pd è che “quest’Italia è formata da generazioni di pensionati che forse non hanno voglia di cambiare, di pensare un po’ ai loro nipoti, ai loro figli, ma preferiscono stare così.” Ovviamente il giudizio dei militanti e simpatizzanti pentastellati non si è discostato molto da quello del loro megafono. Invece di fare autocritica e cercare di analizzare i motivi della sconfitta, il grillino medio si è lanciato andare alla solita sequela di giustificazioni e accuse riassumibili in: 1) Renzi ha vinto perché ha promesso 80 euro; 2) in Italia c’è la Mafia; 3) gli italiani sono stupidi; 4) chi vota Pd è “un lurido pagnottista” (sic).
Premesso che ognuno può fare ciò che vuole , compreso ritenere che l’89% degli italiani è composto da pecoroni, pensionati e corrotti, la vera domanda che dovrebbero porsi gli attivisti cinque stelle è: perché rispetto alle politiche il movimento ha perso circa 3.5 milioni di consensi, e soprattutto dove sono andati a finire tutti questi voti? Chiaramente anche in questo caso potrebbero valere le solite giustificazioni, tipo che da febbraio molte persone sono andate in pensione o che anche i duri e puri possono essere corrotti da 80 euro, ma forse una volta tanto varrebbe la pena di cercare di analizzare le cose un po’ più in profondità.
Una possibile risposta potrebbe essere che in questo anno e mezzo la strategia comunicativa di Grillo e Casaleggio si è rilevata fallimentare sotto tutti gli aspetti. Nella percezione di molti elettori il movimento che rappresentava la speranza di cambiamento, pieno di belle idee e di persone oneste, si è trasformato in un rissoso non partito politico capace di dire sempre no, che passa il tempo ad espellere i dissidenti, senza uno straccio di idea concreta. Per i grillini la colpa di questa percezione è dovuta soprattutto all’immagine cucitagli addosso dai media, il che in parte è vero, ma è altrettanto vero che in un anno e mezzo hanno fatto ben poco per cercare di sfuggire a questa morsa mediatica.
Prendiamo il caso della comunicazione scelta per queste elezioni europee. Se il movimento voleva davvero porsi come una realtà fatta di persone serie che lavorano per il bene dell’Italia, avrebbe dovuto aprire un “cantiere delle idee”, portando sui palchi italiani deputati e senatori pentastellati per spiegare le proposte e il lavoro che stanno svolgendo in Parlamento e avrebbe dovuto mandare in piazza e in televisione gli attivisti e i militanti invece del solito Grillo urlante. Per di più, per tutta la campagna elettorale, l’ex comico genovese è scivolato in clamorosi autogol che hanno fornito dei succulenti assist ai suoi detrattori (come l’annuncio dei processi sommari sulla rete, la vivisezione di Dudù, le offese a Renzi e agli elettori di sinistra, le urla, il terribile paragone con Hitler e il continuo attacco a Napolitano ) che lo hanno dipinto come l’icona di chi vuole soltanto lo sfacelo e non ha veramente nulla da dire. Per tutta la campagna elettorale Grillo e Casaleggio hanno dato l’impressione di rivolgersi soltanto al proprio popolo, a chi spera nella crisi come “sola igiene del mondo”, a tutti quelli che si sentono, a torto o a ragione, superiori moralmente e umanamente agli altri. Al contrario Renzi ha puntato tutto sul cambiamento morbido, su di rinnovamento alla Obama fatto di fiducia e lavoro.
Il risultato è che l’elettorato spaventato ha deciso votare in massa per il Pd, l’unico partito che sembra fornire una speranza alla catastrofe imminente. A questo punto resta da capire cosa farà nei prossimi mesi Grillo del suo ancora cospicuo bacino elettorale, se continuerà con i toni urlati puntando solo sulla rabbia sentendosi ontologicamente infallibile o se rilancerà una fase due fatta anche di dialogo e di toni più morbidi. Da questa scelta capiremo se vuole soltanto conservare lo zoccolo duro del partito o se veramente ambisce a governare il paese.