Good and just society
L’adesione al socialismo europeo, ai suoi valori di ‘libertà , uguaglianza, giustizia sociale, laicità ‘ ed ai suoi progetti, la ‘good and just society’, è la questione principale ed ineludibile per l’immediato futuro del Partito democratico, esperita la fase ‘traghettamento’ di Guglielmo Epifani.
Ma non solo del Pd: lo è anche per quel che resta della vecchia ‘sinistra’ italiana, frammentata e dispersa, tra partitini ‘personali’ e associazioni più o meno culturali, più o meno ‘personali’.
E’ una questione prioritaria, nè letteraria nè filosofica, e va risolta sia con le primarie del Pd che con i congressi di Sel e del Psi, perché ¨essa riguarda l’identità culturale e politica tanto del maggior partito, il Pd, che, seppur ‘partito non personale’, non ha saputo o voluto dare ‘corpo ed anima’ a parole come ‘riformista’, ‘progresso’ e ‘sinistra’, e delle due formazioni minoritarie ‘personali’, Sel e Psi, vissute più di espedienti che di progetti.
E’ l’attuale una fase di ‘passaggio’ assai delicata e difficile perché’, come diceva Antonio Gramsci nei ‘Quaderni del carcere’, “[…] la crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”.
La geniale osservazione di Gramsci, oggi torna a riecheggiare in un’epoca, la nostra, di grande confusione e manipolazione ideologica.
Se le vecchie certezze sul funzionamento spontaneo dei mercati crollano, nessuna ‘teoria alternativa’ ha instaurato la sua “egemonia”, volendo usare il concetto che Gramsci rese famoso. Purtuttavia alcune idee vanno prendendo piede.
Le scuole di pensiero più solide possono essere, in termini generali, sostanzialmente quattro: 1) socialismo umanitario e anticapitalista; 2) socialdemocrazia keynesiana; 3) populismi di destra; 4) liberalismo hayekiano.
E’ una scelta, l’adesione al socialismo europeo, ai suoi valori e ai suoi progetti, ‘non indolore’, e lo ha ben capito Beppe Fioroni infastidito dal sentire pronunciare solo la parola ‘socialismo’, per il suo significato intrinseco: essa indica chiaramente da quale parte si sta. Se con le forze moderate e conservatrici (Ppe e Adle) che vogliono mantenere lo status quo dominato dal neoliberismo e dal capitalismo finanziario senza vincoli e controlli a scapito della società, del collettivo e della persona; o con le forze progressiste (Pse) che al contrario mirano ad un cambiamento possibile, la ‘Godo and just society’, la buona e giusta società, in cui al centro tornino la società, il collettivo e la persona con i suoi bisogni materiali (lavoro, casa, salario) ed in particolare immateriali (cultura e formazione, scuola, diritti ed aspirazioni).
Il socialismo del XXI secolo è alla ricerca, dopo il fallimento della ‘terza via’ modernista e liberista di Tony Blair e Gerhard Schroder, di una nuova ‘Utopia’, necessaria per immaginare un domani migliore – appunto la ‘good and just society’ che la gente ed i movimenti giovanili degli Indignados o di Occupy hanno chiesto – e per rendere credibile qualsiasi programma progressista che, per essere tale, deve rispondere alla domanda: “progress with what goal?”, ossia “progresso a quale scopo?”. E la risposta è: ‘good and just society’, fatta di esseri umani liberi, uguali ma diversi.
Dei candidati alla leaderschip del Pd, l’ex-marghertino Matteo Renzi, ‘il giovane turco’ Gianni Cuperlo e l’outsider movimentista Pippo Civati, o meglio solo i primi due, pare Cuperlo ad avere le carte in regola, il coraggio, la volontà e la forza, per scegliere l’opzione del socialismo umanitario o delle origini, anticapitalista, così come nel Psi spetta alla ‘sinistra socialista’ di Franco Bartolomei battersi per questa delicata operazione culturale e politica, in vista delle elezioni europee di maggio 2014 che saranno precedute dal primo Congresso del Pse di febbraio-marzo a Roma per lanciare la candidatura di Martin Schulz alla Presidenza della Commissione europea. Insomma, più Cuperlo che Renzi, più Bartolomei che Nencini, perché’, per storia, biografia e ispirazione, sembrano più all’altezza di raccogliere il monito gramsciano: “quando tutto è o pare perduto, bisogna rimettersi all’opera, ricominciando dall’inizio”.
E Sel? Non pervenuto…