Il cinematografo è una malattia
Intervista al premio Oscar Giuseppe Tornatore
di Pino Distefano
Erano anni che non mi facevo un giro a Positano. Ricordo che quando ero al liceo, tra la fine degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2000 ci venivo spesso in primavera perché questa stupenda cittadina era la location per il “Cartoons on the bay” , un festival dell’animazione televisiva che organizzava la RAI. Oggi questa manifestazione non si svolge più nella splendida cornice della costiera amalfitana ma a Rapallo, nella costiera ligure. Sì, siamo d’accordo. Bella location anche quella… nessuno osa metterlo in dubbio. Ma io, che non ho molto tempo per muovermi da Napoli, mi sento orfano di quel festival.
A colmare questa lacuna però c’ è un’altra manifestazione che vale la pena di seguire. Si chiama “Positano, sole mare e cultura” e porta in questo luogo tantissime personalità del mondo della Cultura e dello Spettacolo. Ieri, 5 luglio, la spiaggia di Marina grande ha ospitato un evento dedicato al grande cinema Italiano. Sul palco erano a parlare del loro lavoro e della loro vita Giuseppe Tornatore, Lina Wertmuller e Raffaele La Capria. Doveva esserci anche Francesco Rosi il quale, per via di un infortunio, non è potuto esser presente.
Rosi e Tornatore hanno pubblicato proprio quest’ inverno un libro che raccoglie una loro conversazione. “Il cinematografo è una malattia” in cui i due parlano del loro lavoro e della loro passione per il Cinema. Un amore talmente grande che viene definito una malattia.
Il maestro di Bagheria, premio Oscar nel 1990 e più volte insignito del David di Donatello ha avuto la gentilezza di conversare un po’ con me e rilasciare quest’intervista
Maestro, lei ha un occhio cinematografico e nei suoi film le ambientazioni e la fotografia la fanno da padrona. Che effetto le fa Positano?
Una grande rabbia. Perché vengo per rimanerci solo poche ore. E mi spiace molto perché Positano è un luogo talmente bello, talmente singolare che mi viene voglia di rimanerci un po’ di più. Ma non sono mai riuscito a farlo
Lei ha parlato stasera del suo rapporto con il Maestro Francesco Rosi. Lei deve a Rosi più come uomo o come regista?
Beh non saprei. Diciamo un po’ tutti e due. Come regista perché io ho iniziato sin da ragazzino a vedere i suoi film. Quindi lui non lo conoscevo. Poi molti anni dopo, quando ho avuto il piacere di conoscerlo e di godere della sua amicizia che dura ormai da trent’anni. Anche frequentarlo e conoscere l’uomo è stata una lezione che si è andata a sommare all’esperienza professionale. Francesco Rosi è un uomo (e un regista) a cui sento di dovere molto
La crisi investe tutti i campi fra cui il cinema o potrebbe essere un’opportunità per i giovani cineasti che vorrebbero emergere?
Né l’uno e nell’altro. Da anni si parla della crisi del cinema e bisognerebbe smetterla. Bisognerebbe parlare un po’ più di cinema anziché fingersi studiosi di crisi dell’industria cinematografica o di soluzioni legislative. Questa cosa, a mio parere, non funziona