Il Pd e la sindrome di Tafazzi
di Angelo Giubileo.
Il responsabile economico del Pd, il giovane Stefano Fassina, ci avverte dalle colonne de Il Foglio che: “oggi, siamo in un’altra fase. Tutto qui”. Già oggi dunque saremmo in un’altra fase, per cui, per dirla sembrerebbe ancora una volta con chiarezza (?!), il governo Monti e la sua Agenda, “oggi per cultura politica e economica e interessi materiali in essa prevalenti è meno adatta ad affermare le priorità della fase” (?!). Ma quale fase e soprattutto quale chiarezza? Quella di chi sta al governo con Monti e ritiene inadatta la sua Agenda? Quella di chi vorrebbe ancora condividere alleanze di governo con la sinistra di Sel e il centro di Casini, ma solo a patto che l’esito delle elezioni non abbia riservato, al punto in cui siamo e a seguito soprattutto dell’apertura di Berlusconi all’ipotesi di un Monti-bis, la sorpresa di una maggioranza numerica autosufficiente e non si sa mai quanto consolidata di sinistra, a metà tra le idee del vicesegretario Pd, Enrico Letta, e quelle del segretario di Sel, Nichi Vendola? Con il testo della proposta di nuova legge elettorale – a firma del senatore Pdl Lucio Malan, adottato dalla Commissione Affari costituzionali del Senato a maggioranza Pdl Udc e Lega ed il voto contrario di Pd e Idv – prende il via per così dire ufficialmente la campagna elettorale per il governo del prossimo anno. In estrema sintesi, il testo introduce un premio di governabilità del 12,5% su base nazionale, sia alla Camera che al Senato, a favore della lista o della coalizione che raggiunge il maggior numero di voti quale che sia, e una soglia di sbarramento del 5% che si riduce al 4% per le liste che si presenteranno in coalizione e la coalizione supera il 15%. Oggi, contrariamente a quanto annunciato da Fassina, la nuova fase politica vede innanzitutto il centrosinistra di nuovo proteso a rincorrere un successo elettorale che solo pochi giorni fa sembrava a dir poco scontato. E mi permetta di aggiungere, caro Fassina, non certo per colpa del sindaco di Firenze, forse ricorderà: anch’egli del Pd, tale Matteo Renzi.