Intervista ad un ipotetico iscritto al Pd
Non sono iscritto al PD e mi pare che questa sia a tutt’oggi una scelta valida. Eppure il PD, per mole e composizione non può non interessare a chi, anche in altri partiti come me, guarda alla politica ed alla sinistra progressista con interesse e speranza.
Ovviamente non si può intervenire a gamba tesa nel dibattito (pre)congressuale di un’altra forza politica, quindi approfitto del dibattito aperto da “La Prima Pietra” per fare un’intervista ad un ipotetico iscritto al Pd. Ovviamente la mia non è affatto una provocazione. E’ un invito alla riflessione politica che coinvolge le opzioni finora in campo. O sarebbe meglio dire l’unica opzione realmente politica in campo, quella di Renzi , perché le risposte ad essa sono culturalmente confuse e politicamente deboli, e l’ipotesi del Sindaco di Firenze in auge al PD pone a questo una serie di problemi culturali e politici che vanno affrontati. Dovessi riuscire a suscitare l’interesse di qualcuno, sarebbe tutto grasso che cola per il dibattito congressuale anche di altri partiti.
Queste le mie domande al PD, ovvero ai suoi iscritti:
1) Se è vero, come molti sostengono e come sembra evidente a tutti, che il PD è il prodotto finito dell’azione culturale della “Terza Via” e che come tale non funziona, perché l’onda culturale che l’ha progettato s’è schiantata sulla scogliera dell’austerity europea, che ha largamente favorito in passato, perché il ragionamento di un cambiamento di questa politica europea è sostenuto in larga parte da coloro che sostengono anche Renzi, ovvero l’incarnazione di quel prodotto culturale appena descritto, per sua stessa ammissione? E’ Renzi, o meglio il suo portato culturale e politico, quello che serve al PD, al centrosinistra all’Europa ed all’Italia, in questa chiave di continuità con Blair?
2) Assunto che in Italia siamo tutti “riformisti” e che di rivoluzionario c’è rimasto qualche slogan, Il PD, per lei, deve assumere la connotazione di un partito socialdemocratico? Se si, come può fare per non disintegrarsi nel processo di riavvicinamento al PSE? Se no, chi identità politica assume il PD, in ambito europeo e, soprattutto, Italiano? Quella conservatrice?Ed in che chiave l’enunciazione che sento spesso ripetere da alcuni dirigenti e molti iscritti del fatto che “serve più sinistra” nel PD, può trovare spazio?
3) Secondo lei il PD sosterrà la candidatura di Martin Schulz come tutti gli altri progressisti europei, oppure avremo un distinguo? Se in Italia nascesse un’area culturale che dovesse sostenere direttamente quella candidatura elaborando una lista evidentemente legata al PSE, ed il PD non sostenesse quella linea, Lei si sentirebbe libero di votare per il PSE e non per il PD?
4) Per un partito progressista, di sinistra, socialista o socialdemocratico che sia, il Governo e la vittoria elettorale sono mezzi per ottenere il cambiamento dello stato reale dei fatti, come ci ricordava Michele Serra l’altro giorno nella sua Rubrica su Repubblica. A Suo parere il governo di Enrico Letta sta operando il cambiamento, in senso progressista, o sta esercitando la conservazione?
5) Un governo con le forze conservatrici di questo Paese, siano esse Scelta Civica o il PdL e derivati vari, permette l’affermazione di una cultura progressista e quindi l’egemonia gramsciana di questa o è un’ipotesi deteriore dovuta alla deformazione culturale che in Europa si è diffusa negli anni novanta e perdura finora del “comando a tutti i costi”? Non sarebbe più saggio occuparsi del programma fondamentale dell’area progressista e della sua crescita nella società, rappresentandolo in parlamento, piuttosto che inseguire chimeriche “responsabilità” di governo che altro non fanno che trasformare il progressismo in conservazione? Non sarebbe ora di rinunciare all’ossessione del governo quali che siano le condizioni, per tornare ad aspirare a guidare il paese e l’Europa per cambiarli invece che a guidarli e basta?
Questi sono ovviamente i miei dubbi e credo, magari con un poco di presunzione, di condividerli con molti. Anche con quelli che in questo periodo, pure essendo stati promotori del PD, provano grosso disagio verso quello che il loro Partito sta facendo e, sostanzialmente, è.