La democrazia, il Pd e le primarie
di Angelo Giubileo.
Le primarie sono uno strumento di democrazia diretta il cui esito inequivocabilmente attesta la volontà di scelta e anche di partecipazione del cittadino-elettore. In un sondaggio apparso la settimana scorsa su tutti i maggiori quotidiani nazionali, è risultato che l’indice di gradimento del cittadino verso i partiti politici è oggi pari all’8%. Si dice che dipenda principalmente dal fatto che al potere è attualmente un governo di tecnici, estraneo (ma non si sa quanto?!) ai partiti. In tal guisa, sorprende allora il fatto che gli stessi cittadini, nonostante i sacrifici ai quali sono oggi sottoposti, preferiscono comunque affidarsi a quelli che chiamiamo tecnici piuttosto che ai politici. Sempre in questi giorni, in ordine all’adozione di una nuova legge elettorale, è trapelata la notizia di una bozza di accordo, in uscita dai partiti che sostengono l’attuale governo, che in buona sostanza rimetterebbe il potere di fare i governi interamente nelle mani dei vituperati vertici di partito. Altro che governo eletto dai cittadini! Della qual cosa, però, non ci si dovrebbe affatto meravigliare visto che il governo Monti nasce non certo per volontà espressa dai cittadini-elettori, ma di certo, è bene ripeterlo fino alla noia, per volontà, giusta o sbagliata che sia, comunque e in generale, di altri! E così, da una parte cresce il timore e soprattutto il rammarico per un sempre più probabile ritorno ad una consolidata e vecchia prassi contrattualistica, in base alla quale la scelta diretta di ogni singolo cittadino, in quanto elettore, assume in realtà il valore e il peso di una diversa scelta, indiretta e postdatata, da parte di ogni singolo partito. Sia chiaro, niente a che vedere con la teoria della democrazia rappresentativa, perché non proprio di questo qui si tratta. Un esempio immediato, infatti, basta a chiarire: in una competizione tra A, B e C scegliere A non può e non deve implicare che A possa allearsi, successivamente, alternativamente o congiuntamente, sia con B che con C; se così accade, la scelta originaria non assume alcun peso, che viceversa è determinato unicamente dalla scelta successiva di chi ha beneficiato del voto, in questo caso A, di volersi alleare con B o C o entrambi. Di guisa che, in base a quale patto con gli elettori troverebbe fondamento l’azione del governo? Si tratterebbe pur sempre un governo di partiti, ma esattamente di un governo espressione diretta della volontà dei partiti e non viceversa di quella degli elettori. E allora sarebbe chiaro che, se così stanno poi in effetti le cose, la posta che è in gioco è addirittura il destino stesso della democrazia! Non è questione di sistemi elettorali, è questione piuttosto che il voto dell’elettore costituisca una manifestazione della propria volontà espressa in maniera chiara e inequivocabile. In questi anni, si è fatto strada tra gli elettori del centrosinistra, promosso dal Pd, uno strumento democratico, che è quello delle “primarie”. Le primarie, è bene ribadirlo, sono uno strumento di democrazia diretta, immediato, il cui esito inequivocabilmente attesta la volontà di scelta e anche di partecipazione del cittadino-elettore. Al di là di ogni dietrologia sull’esito del voto … E tuttavia, soprattutto nel Pd, si discute oggi dell’opportunità o meno di attribuire al cittadino-elettore il potere di esercitare il proprio diritto di scelta attraverso l’uso di tale strumento; che, viceversa, andrebbe piuttosto rafforzato ed esteso anche al fine di cercare di riconquistare quella fiducia che, si diceva, appare oggi irrimediabilmente perduta.