La freddura del Super-Commissario
di Alfonso Maria Cecere
Devo confessare che dopo avere ascoltato i componenti del governo nella conferenza stampa del 30 aprile 2012, al termine del Consiglio dei Ministri, il mio disappunto riguardo la cifra di democrazia espressa dal governo della Repubblica italiana in carica è tanto forte da sentire il bisogno di manifestarsi pubblicamente. Mi riferisco, in particolare, alla decisione presa dall’Esecutivo di istituire un Super Commissario a cui spetta il compito di ‘definire il livello di spesa per l’acquisto di beni e servizi’ da parte delle pubbliche amministrazioni, così da razionalizzare e ridurre al meglio spese e voci di costo. Detta decisione è tanto più grave perché presa contestualmente alla elaborazione del documento ‘spending review’ che, redatto dal ministro Giarda, è stato fatto proprio dal governo con l’obiettivo di condurre e indurre i responsabili della spesa pubblica e manovre per il suo contenimento. Il governo, pertanto, da un lato dimostrerebbe di avere ben chiaro qual è il quadro nel quale è rappresentata la spesa pubblica dall’altro avrebbe piena contezza dei propri limiti e dell’incapacità di provvedere alla riduzione ed al contenimento della spesa; incapacità a governare il tema della spesa pubblica, sia quella dello Stato che quella delle articolazioni territoriali e non dell’intera Repubblica. Ebbene, il governo della Repubblica italiana, sebbene costituito da raffinati esperti di discipline economiche e giuridiche, non si ritiene all’altezza di gestire in prima persona il governo della spesa pubblica e arriva al gesto estremo di auto commissariarsi. L’istituzione del Commissario è mortificante per lo stesso governo e per i suoi ministri – primo tra tutti il ministro Passera – che con questa scelta riconoscono di essere assieme ai loro gabinetti incapaci di praticare una efficace politica della spesa per il loro dicastero.
Al di la del paradosso quello che veramente sconforta è che la scelta di ricorrere al Commissario per la spesa pubblica non fa altro che confermare quanto questo governo sia lontano anni luce dal considerare il governare un’arte nobile, la più nobile delle arti della politica. L’Italia oramai è perfettamente allineata alla tecnocrazia europea portando su di se la pesante responsabilità di non contribuire a rappresentare il peso della democrazia che nel delicato equilibrio dell’Unione europea deve costantemente misurarsi con espressioni di lobby e poteri autoreferenziali.
Questa scelta del Commissario prelude alla consacrazione di un ‘altro super tecnico’ come salvatore della patria in una logica che premia una gestione sempre più aziendalistica della cosa pubblica. Ma la politica è ben altra cosa, più complessa, impegnativa e bisognosa di scelte coraggiose, non resta che confidare in un scatto di orgoglio del Parlamento in sede di conversione. Ma, di questi tempi, si sa c’è poco da confidare.