La morale sessuale del terzo millennio chiama la Chiesa ad una svolta coraggiosa
Tra le sfide che il nuovo Papa non potrà fare a meno di raccogliere per parlare con più efficacia ed autorevolezza non solo al suo popolo, i fedeli, ma ai tanti che a lei guardano come a un magistero morale che è patrimonio comune di tutti, credenti e non credenti, cristiani e non cristiani, c’è certamente la morale sessuale. Un termine, morale sessuale, e un problema, come perimetro valoriale dei comportamenti ammessi o ammissibili, persino difficile da far percepire a generazioni giovani e meno giovani ormai – perché dovessimo segnare una data che segna un cambio di clima, questi sono gli anni sessanta del secolo scorso –, cresciute in una cultura del desiderio come sufficiente a motivare l’espressione dell’affettività e delle sue pulsioni nella vita di relazione.
La “morale” sessuale oggi non è spesso nient’altro che i costumi sessuali leciti socialmente praticati nella disponibilità individuale dei propri desideri e delle proprie inclinazioni.
E’ ovvio che in un quadro del genere già solo il compito di un orientamento morale nel senso di un canone di comportamento che tuteli l’istituto della famiglia – tradizionalmente l’ambito sociale al cui beneficio per la Chiesa Cattolica era, e resta, rivolta la morale sessuale – assume l’aspetto quasi di una nuova “predicazione”, nel quadro dei bisogni morali di quella “nuova evangelizzazione” per le nostre società già evangelizzate, per la quale la Chiesa di Papa Ratzinger ha voluto istituire un Pontificio Consiglio di promozione. Su questo terreno che è decisivo, la famiglia, ci sono le prioritarie urgenze da affrontare per il messaggio morale che la Chiesa, in linea del resto con la sua tradizione, deve offrire al mondo.
In questo quadro, la difesa dell’istituto del matrimonio come presidio giuridico e sociale del legame di coppia eterosessuale strutturalmente orientato alla procreazione riveste un ruolo strategico, centrale per la tenuta delle nostre società nella crisi antropologica prima ancora che culturale e morale che vivono; e come tale ripetutamente sottolineato da Benedetto XVI nei suoi ultimi interventi. Difenderlo significa però anche impedire che su di esso, al di là delle difficoltà che già vive di suo, si trasferiscano aspettative individuali e affettive che possono e devono trovare le giuste loro tutele in un diverso e dedicato istituto giuridico, per il quale i tempi, anche nella sensibilità di molti credenti, sono ormai maturi.
Non credo, anche a questo fine, che si possa più evitare di assumere una posizione coraggiosa, e generosa verso legittime aspettative affettive, sulle unioni civili per le coppie omosessuali.
Così pure credo gioverebbe anche alla causa del matrimonio cristiano un’apertura più certa e accogliente ai divorziati, in un quadro di comprensione di percorsi individuali che vengono meno al sacramento del matrimonio, ma che non per questo, soggettivamente, alle sue richieste esigenti per la vita di coppia e per il bene dei figli si sono fatti insensibili. Così come pure la contraccezione ex ante grazie all’uso del profilattico non sembra avere insormontabili ragioni morali ostative, ben potendo non essere espressione di “mentalità contraccettiva”, almeno più di quanto lo siano metodi “naturali” già considerati moralmente leciti. E per altro anche quando l’uso del profilattico sia legato a pratiche promiscue in sé censurabili dal punto di vista della morale cattolica, è ben difficile non sostenere la sperimentata dottrina del male minore in situazioni di grave rischio epidemiologico.
Insomma l’atlante dell’aggiornamento del proprio approccio alla morale sessuale da parte della Chiesa è ampio, e non può non tener conto che la relazione sessuale esorbita sempre più da tempo dal suo confinamento nel legame eterosessuale di coppia monogamica sancito nel matrimonio. E questo è non solo nei fatti – cosa che invero va da sé da sempre, al di là dell’istanza socialmente immanente del suo disciplinamento – , ma nelle pratiche sociali riconosciute.
Ridare alla relazione sessuale qualità affettiva e valoriale interpersonale, cioè una “morale”, che è la richiesta da sempre dell’etica cristiana ( anche nella sessualità, dì la “verità” di te stesso: e “va e non peccare più”), forse oggi richiede da parte della Chiesa più che un sistema di divieti un progetto educativo della persona da proporre alla società nel suo complesso, e di cui farsi fonte ispiratrice.
Articolo pubblicato su “il Mattino” del 14/3/2013