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La poltrona è mia e non te la do!

di Raffaele Grieco.
E’ ormai da alcune settimane che i massimi esperti della politica in collaborazione con economisti delle migliori università discutono delle necessarie manovre ed efficaci proposte per far decollare e migliorare il lavoro in Italia e operare dei cambiamenti sulle regole del normale svolgimento con cui i giovani e non si avvicinino al mondo del lavoro. L’obiettivo   è dare una spinta alla crescita lavorativa del nostro Paese, indebolito dopo questo periodo di crisi economica, che ha visto molte aziende chiudere e ridurre notevolmente le attività lavorative con conseguenti contrazioni del personale. Così dopo lunghe riunioni, meeting e incontri tra economisti politici e addetti ai lavori si sono elaborate idonee strategie e manovre economiche per dare una soluzione decisiva all’emergenza occupazione. Alla fine, da quanto si apprende dai telegiornali,  dai siti internet e dai vari blog, si è giunti ad una conclusione che trova tutta la classe politica, il gruppo degli analisti e altri addetti ai lavori concordi tra loro “….. il lavoro caratterizzato da un posto fisso o a tempo indeterminato, presso una qualsiasi struttura pubblica o privata che sia, rende il lavoratore annoiato e il suo lavoro monotono. Meglio se si crea un po’ di precarietà nella quotidianità lavorativa, per non creare una società di depressi …” Formidabile tante menti unite per giungere ad una conclusione così ovvia! Il problema è  del lavoratore che non si adatta ai cambiamenti. Uomini legati alla propria scrivania nello scorrere degli anni, sempre chiusi nella stretta e grigia stanza del proprio ufficio rimasto immutato nel tempo. Invece , la ricetta per incrementare la crescita del lavoro e soprattutto essere felici è semplicemente il cambiamento periodico del posto di lavoro , la quotidianità di vivere da precario , l’incertezza del futuro. Cosi il brio della vita è assicurato. Ancor di più questa formula è adatta non al target dei trentenni che si accingono a vivere il mondo del lavoro in perenne precarietà, bensì a quella fascia di lavoratori che hanno superato i quaranta e cinquanta anni e devono rimettersi in gioco perché la loro ditta versa in acque difficili, a causa della crisi economica che da alcuni anni ha colpito un po’ tutti i paesi europei e non. Forse però quei illuminati analisti e politici che hanno formulato questa idea non sanno che purtroppo per come è strutturata la Società italiana diventa un po’ difficile per il cittadino vedersi erogati dei servizi senza produrre adeguate garanzie di reddito periodico. Sembra inverosimile ma nessun ente facilmente eroga un prestito o un mutuo senza che si forniscano solide garanzie per poter restituire la somma richiesta. Le stesse banche per erogare anche piccoli prestiti o mutui chiedono delle garanzie come il contratto di lavoro a tempo indeterminato. Se si ritiene che creare dinamismo lavorativo vuol dire non garantire sicurezza economica anche minima ai lavoratori, allora credo che bisogna rivedere un po’ gli articoli presenti nella Costituzione. Magari le regole sarebbero valide in altri paesi europei dove gli stili di vita e soprattutto le leggi presenti permettono di garantire maggiori tutele ai cittadini privi di una attività lavorativa continuativa. Ma in Italia le regole sono diverse e pertanto anche le soluzioni ai problemi dovrebbero essere elaborate in relazione al contesto in cui si applicano. In questi momenti in cui si richiedono sacrifici per i cittadini crea un po’ di male umore sapere che invece alcune classi sociali sono immuni a queste leggi anti immobilismo lavorativo.
La cosi detta “casta” sembra essere immune a tali leggi. Qui si può essere eletti a ricoprire ruoli politici  e conservare il proprio precedente posto lavorativo in attesa che i giochi si concludano e magari poi decidere se ritornare alla monotonia del lasciato posto o continuare la scalata alle poltrone della res publica.  A volte le proteste dei cittadini delle classi sociali indigenti nascono non tanto dall’applicazione della legge,  ma quanto dal non comprendere che quel determinato procedimento possa creare problemi ai molti che non rientrano nelle classi privilegiate. I cittadini sono ormai abituati a fare sacrifici, ne hanno sempre fatti e li faranno sempre, se ciò è utile a salvare il proprio Paese, ciò che non tollerano sono la poca considerazione che le istituzioni e chi ci governa ha di loro. Al di là degli schieramenti politici ormai sembra esistere il cosi detto “partito unico della casta” in cui il Centro , la Sinistra e la Destra convogliano e sono solidali tra loro. E’ veramente deplorevole osservare quanta coalizione e reciproco aiuto si noti ogni volta che qualche minaccia esterna attacca la classe politica. Magicamente le aule parlamentari si riempiono e gli assenteisti scompaiono, tutti sono pronti al bene della causa comune e …. personale.
Cosa fare? Indignarsi?  Scrivere il proprio disappunto? Far sentire in modo civile la propria voce e far comprendere che lavorare è un diritto di tutti ma ancora di più avere garanzie sul proprio futuro è un diritto che va protetto e mantenuto.

Scritto da

Redazione LPP

- Redazione de La Prima Pietra