La terra dei fuochi può esistere solo nella Terra dei Cachi
E’ uno strano paese l’Italia. Una nazione che, parafrasando una celebre canzone d Fabrizio de Andrè, “si costerna, s’indigna, s’impegna poi getta la spugna con gran dignità”. Un paese abituato a dividersi su tutto, a spaccare il capello in quattro, a polemizzare e a nutrirsi con il pane quotidiano dei talk show. Poi, quando si tratta di risolvere le vere emergenze, inizia il gioco dello scaricabarile delle responsabilità, dei distinguo e dell’indecisione. Risultato: non si fa mai nulla.
Un esempio di quanto sia diffusa questa malsana abitudine italica ci viene dalla cronaca di questi giorni, in particolare dall’atteggiamento con cui sono trattate le confessioni del pentito Carmine Schiavone.
Esponente di spicco dei casalesi e cugino del ben più noto Sandokan (la cui epopea criminale ha ispirato ultimamente una fiction tv), Schiavone ha ricostruito minuziosamente la sistematica opera di inquinamento della zona conosciuta come Terra dei Fuochi, perpetuata dai clan camorristici con la connivenza di politici corrotti. Nelle sue agghiaccianti descrizioni il boss pentito aggiunge sinistramente che tra vent’anni gli abitanti di una vasta porzione di territorio “saranno tutti morti di cancro”.
La cosa più sconvolgente è che non si tratta di un pentimento dell’ultima ora. Il 7 ottobre 1997 il boss è stato ascoltato da una commissione parlamentare d’inchiesta i cui verbali sono stati secretati per ben 16 anni e sono venuti alla luce soltanto oggi. Sedici anni in cui non è stato fatto niente per bonificare i territori.
In un paese meno strano del nostro del nostro, questa vicenda sarebbe al centro dell’agenda politica e giornalistica nazionale, cadrebbero governi e tutte le trasmissioni ne parlerebbero in continuazione. E invece niente. La questione continua ad essere derubricata a cronaca locale e i comitati che lottano perché sia fatta chiarezza sono lasciati soli da tutti, o al massimo ricevono la solita solidarietà di facciata.
Eppure così come pretendiamo giustamente di sapere tutto delle abitudini, anche sessuali, dei nostri politici per valutare se siano davvero affidabili, così come abbiamo preteso per anni che si facesse chiarezza sulle stragi e gli insabbiamenti di stato, oggi tutti, e non solo chi vive nelle zone contaminate, dovrebbero pretendere di sapere la verità su quella che appare la più grande opera di avvelenamento collettivo dell’Occidente.
Di fronte alla gravità di questa situazione dovremmo porci e porre delle domande: perché chi sapeva non ha parlato? Chi ha deciso che la deposizione fosse segretata e perché?
Non fare immediata chiarezza su queste domande significa minare nelle fondamenta, molto di più dei discorsi sulla Casta, il rapporto di fiducia tra lo Stato e i cittadini, significa mettere in discussione persino quel “contratto sociale” che ha portato alla nascita degli Stati moderni.
E’ possibile che uno Stato democratico abbia deciso di condannare a morte quasi certa suoi cittadini per non far scoppiare il panico o per coprire accordi inconfessabili? E se così fosse quali e quanti crimini possono essere coperti in nome della “ragion di Stato”?
Anche perché i misteri della terra dei fuochi non riguardano solo la Campania e i suoi abitanti. In realtà questa storia è la cartina di tornasole di tutti i mali presenti nella società italiana, compreso quelli della cosiddetta società civile che tanto ama presentarsi come vittima dei poteri forti. La distruzione sistematica di un territorio non è stata perpetuata soltanto da due forze criminali spesso attigue come la camorra e i politici corrotti. È avvenuta anche con la complicità di imprenditori, cittadini e istituzioni che avrebbero dovuto controllare, monitorare e proteggere.
Del resto Schiavone nella sua deposizione ne parla apertamente. Camion carichi di rifiuti tossici non potevano passare inosservati e la camorra non avrebbe potuto fare molto senza che nessuno, compreso le forze dell’ordine e i comuni cittadini, non avessero chiuso un occhio per paura o per connivenza. Soprattutto tutta questa vicenda ha dei responsabili di cui si continua a parlare poco: gli industriali del Nord Italia e Nord Europa che cercavano i “contatti” con la camorra per poter eludere le costosissime operazioni di smaltimento dei loro rifiuti tossici. Senza la loro avidità, senza il silenzio di molti e la corruzione dei politici, non avremmo mai avuto la Terra dei fuochi.