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20 Set 2012

L’ass. Lucarelli alla Prima Pietra

di Redazione

La corte costituzionale tedesca ha dato il via libera al Meccanismo Europeo di Stabilità. Il governo Monti ha modificato l’art. 81 della costituzione inserendo il vincolo di bilancio in costituzione. Assessore Lucarelli per uscire dalla crisi non ci possiamo più permettere di coniugare sovranità nazionale e rigore?

Io credo che la sovranità si può conciliare con il rigore. Ci può essere un rigore democratico o un rigore antidemocratico e autoritario fondato sull’ingiustizia sociale e sulla diseguaglianza. La nostra costituzione si esprimeva con una forte dose di armonia. Da una parte si parla dello sviluppo economico e dall’altra della crescita sociale, proprio perché non si possono scindere i due aspetti né si può pensare che il rigore sia solamente funzionale allo sviluppo economico abbandonando la crescita sociale. Ecco il nostro articolo 81 della costituzione, pedestremente violentato e amputato da una maggioranza eversiva che sostiene il governo Monti senza neanche dare ai cittadini la possibilità di potersi esprimere, aveva introdotto delle norme rigorose e di equilibrio, di stabilità, di buona amministrazione legata alle politiche economiche. Perché, ed è questo il senso, una buona amministrazione significa che l’indebitamento rientra nelle politiche sociali, laddove, ovviamente, sia funzionale alla realizzazione di infrastrutture o a migliorare i servizi sociali. Se viceversa diventa un obiettivo, e quindi non uno strumento, che mortifica e vandalizza i diritti sociali è evidente che tutto ciò determina un vulnus al patto costituzionale. Quel grande patto costituzionale voluto da più componenti che avevano trovato una grande sintesi. Purtroppo questa sintesi la stanno rompendo usando artatamente un’Europa che in realtà non è espressione degli organi rappresentativi dell’Unione europea, ma di una troika di poteri formata da sette otto banche, quindi grandi società e multinazionali, che impongono i loro interessi.

Eppure per molti economisti e politici l’unico modo per salvare l’Europa dalla catastrofe è accentuare sempre di più le politiche neo liberiste.

Noi siamo finiti e caduti in questa crisi perché si è imposto un modello autoritario di capitalismo, perché si è imposto un modello ultraliberista. Il grande paradosso è che si stanno utilizzando gli stessi sistemi di questo modello che ci hanno portato alla crisi.

Esiste una ricetta alternativa per uscire dalla crisi?

Credo per esempio che la proposta di Hollande di prevedere una tassazione alta, al 75% in un momento di emergenza, sia molto interessante. Tenga presenta che in Italia negli anni Settanta la quota massima di tassazione era al 62% la minima al 12%. Oggi la quota massima è al 44% e la minima al 22%, il che significa che la giustizia sociale ha avuto negli ultimi quarant’anni un attacco fortissimo. Quindi bisogna ripartire dalla redistribuzione dei redditi, ripartire da un’imposizione tributaria che sia orientata e che si ponga il principio della giustizia sociale, colpire i patrimoni che vanno all’estero, colpire l’evasione fiscale e non aver paura di ragionare intorno all’adozione di una vera tassa patrimoniale o all’introduzione di forme di reddito sociale.

Nella sinistra Europea, a partire dal primo ministro francese Hollande, c’è chi chiede una revisione del Fiscal Compact e soprattutto una messa in discussione profonda del dogma neo liberista come unico modello economico, eppure in Italia chi sostiene queste tesi è ancora visto come un estremista.


In effetti Il 30 settembre a Parigi in Place de la Republique ci sarà una grandissima manifestazione del popolo socialista e del fronte Gauche, ci saranno Mélenchon e Hollande che appunto vogliono proporre un grande referendum sul Fondo Salva Stati e sul Fiscal Compact. Anche la corte costituzionale tedesca ha sostanzialmente salvato la legittimità del MES con alcuni limiti a garanzia della sovranità del parlamento tedesco. In Italia invece abbiamo accolto immediatamente questi trattati, abbiamo modificato la costituzione e approvato il Fiscal Compact. Tutto calato dall’alto, nel disinteresse generale, e quindi i cittadini sono ormai diventati sudditi, altro che sovrani.

In effetti in Italia il dibattito politico, soprattutto a sinistra sembra incentrato quasi esclusivamente sugli scenari del dopo Monti e sul sostenere le sue politiche. Secondo lei la sinistra rischia di trovarsi marginalizzata in un dibattito europeo che invece è molto più vivace?

Certamente, anche perché in Europa ci sono esperienze importanti come ad esempio l’ Spd in Germania, il Partito socialista francese, il ricostruito Labour Party in Inghilterra e il Partito socialista olandese. C’è insomma in tutto il Continente un ritorno della sinistra. Nel nostro paese, invece, abbiamo avuto una sintesi di laboratorio che ha portato alla nascita di un Pd con una componente che non aveva tradizioni e radici nella sinistra. Tutto ciò emerge in tante contraddizioni che vengono alla luce su alcuni temi come i diritti civili, per cui in Italia abbiamo un partito che non può essere definito un partito di sinistra e tuttavia è collocato in quell’aria, marginalizzando una sinistra che pure ha le sue responsabilità, a partire da quell’esperienza maldestra dell’Arcobaleno. Io credo che in Italia bisogna ricostruire e ragionare introno ad una compagine forte, mettendo nero su bianco contenuti forti e non partendo dai tatticismi. Certamente è chiaro che bisognerà fare una sintesi e non si potrà imporre il primo documento redatto e si dovrà trovare una forma partecipata quanto più ampia è possibile. Credo che già una buona base possa essere rappresentata dalla contrapposizione rispetto ad un governo Monti che si allontana sempre di più dalla nostra tradizione repubblicana e dalla nostra tradizione costituzionale. Sarebbe già un grande passo in avanti quindi se riuscissimo a costruire una compagine forte, una grande coalizione, una confederazione di idee, di partiti, liste e movimenti che si ritrovano nella legalità costituzionale.
Assessore, lei è stato uno dei promotori del referendum abrogativo del DL Fornero. Perché avete deciso di aprire un fronte referendario sul lavoro?

Ovviamente il referendum in questo momento storico non può avere soltanto la funzione abrogativa, ma intorno al referendum deve nascere un discorso politico anche di proposta alternativa. Il referendum si terrà nel 2014, dopo quindi le elezioni politiche del 2013, ed è chiaro quindi che ha anche una funzione di pressione affinché il testo venga cambiato e modificato.

Eppure da alcuni autorevoli esponenti del mondo sindacale si sono levate dure critiche. Addirittura l’ex segretario della CGIL Guglielmo Epifani ha scritto dalle colonne dell’Unità che” la scelta di aprire un fronte referendario sul lavoro è troppo al di sotto del profilo di cambiamento che bisogna tenere”.

Beh, Cofferati ha detto cose completamente diverse così come Rinaldini e Landini. E’ chiaro che c’è un fronte all’interno del sindacato, una lotta interna. Io al contrario di Epifani credo che il referendum sia una strumento importante, come abbiamo visto sul tema dei beni comuni. Ripeto, non può essere l’unico strumento, accanto ad esso vanno utilizzati altri strumenti. E’ chiaro che ci deve essere una battaglia sindacale di contrattazione e una battaglia politica propositiva, anche se in questo momento il parlamento non mi sembra in grado di poterla affrontare. Però è anche vero che proprio in momenti di sofferenza della democrazia è importante utilizzare certi strumenti di democrazia diretta come appunto i referendum.

Non crede che il referendum possa ledere le prerogative sindacali?

No, tutt’altro. Anzi credo che in questo momento occorra un aiuto forte da parte della sovranità popolare all’azione dei sindacati. I cittadini devono avere fino in fondo la consapevolezza della centralità del diritto al lavoro. Il 70% della nostra vita la passiamo lavorando, dunque è chiaro che il lavoro è il primus intorno al quale si deve sviluppare la dignità della persona umana. Questo deve essere capito fino in fondo e non è possibile che governi tecnici, anche se con qualche lacrimuccia, possano colpire grandi conquiste come il Welfare che significavano negli anni Sessanta e Settanta l’attuazione dei principi costituzionali.

Scritto da

Redazione LPP

- Redazione de La Prima Pietra