Se non ci trovassimo in una situazione così tragica forse si potrebbe pensare a grotteschi scherzi del destino. Nell’Italia della corruzione dilagante e dei tesorieri distratti, nel senso che distraggono i soldi pubblici per i loro interessi, anche la Lega Nord è finita in un’inchiesta, che vede coinvolte ben tre procure, per loschi affari di rimborsi elettorali, di collusioni con esponenti della ‘ndrangheta e di soldi sottratti alle casse del partito, secondo i pm, per “sostenere i costi della famiglia Bossi”.
Al di là dell’aspetto giudiziario quello che sarà interessante capire nei prossimi giorni è come reagirà la base leghista a questo tsunami dalle proporzioni apocalittiche. Per degli strani casi del destino proprio loro, gli inventori del più feroce livore anti politico, le camice verdi che hanno costruito le loro fortune al grido di Roma Ladrona, si trovano ad affrontare uno scandalo che, se confermato, sarebbe di una gravità inaudita. Intendiamoci, non è che tutti i leghisti siano dei pittoreschi forcaioli in camicia verde. Sarà difficile pensarlo, ma anche tra le loro fila c’è chi incomincia a dubitare atrocemente che dietro Pontida, dietro le urla contro Roma ladrona e il dito medio alzato, si celino scopi molto più prosaici e molto più “ladroni”. Del resto pare che tutto sia nato anche per l’esposto presentato in procura proprio da un militante leghista. Ovviamente il vento del dubbio difficilmente riuscirà a scalfire le convinzioni di gran parte militanti. Per loro la Padania è una sorte di terra promessa. Bossi il nuovo messia. Niente e nessuno potrà mai convincerli del fatto che un giorno, magari lontano, potranno finalmente cavalcare nelle verdi valli della Padania, libere da meridionali, neri e arabi, cantando a squarcia gola il Va’ Pensiero, finemente agghindati con i loro elmi bicornici.
Di fronte a siffatta prospettiva escatologica poco o nulla conta che Renzo Bossi, il celebre Trota, guadagni 12.500 euro al mese come consigliere della Regione Lombardia, che Francesco Belsito sia passato in breve tempo dal ruolo di autista e buttafuori a quello di Vice presidente di Finmeccanica e che esponenti di spicco della burocrazia leghista siedano nel consiglio d’amministrazione di banche, istituti e partecipate statali. Poco importa se, almeno stando alle indagini, i soldi padani venivano spesi non tanto per innalzare templi al dio Po quanto per i viaggi e l’auto lussuosa guidata dal Trota, per la ristrutturazione della casa di Gemonio del Senatur, per la scuola privata della sua potente consorte e persino per i conti in rosso della pasionaria verde Rosi Mauro e di lei rampollo. Poco importa se nelle “spese di famiglia” rientrassero pure le multe dell’irrequieto Roberto Bossi (ndr. il più piccolo dei rampolli di casa Bossi), compreso una cartella esattoriale per una multa non pagata.
Tutto questo, si saranno detti i fedeli di Pontida, non può e non deve intaccare la loro fede. Chi ha fede non può lasciarsi tentare dalle diaboliche trame di comunisti, giornalisti e da un luciferino magistrato che, a dispetto del suo nome inglese e celtico, in realtà è solo un “napoletano”. Fino alla fine, sfidando la logica e l’evidenza, si dovrà difendere il capo e la sua costosa famiglia. Che differenza ci sarebbe, infatti, tra loro e i normali cittadini indignati dalle ruberie della politica che non sanno che tutto è soltanto colpa di Roma Ladrona e che non credono in un futuro libero e felice sotto le insegne di Alberto da Giussano?
E pazienza se mentre aspetteranno la terra promessa magari non riusciranno più ad arrivare a fine mese, se saranno costretti a fare chilometri a piedi mentre Il Trota continuerà a volare in elicottero per partecipare ai rally di cui è tanto appassionato. Pazienza se la Padania non esisterà mai. Vuoi mettere la soddisfazione di recarti una volta all’anno a Pontida, cercando di mangiare carne di orso, con un bell’elmo con le corna e con tanti nemici (meridionali, neri, diversi, comunisti, arabi ecc.) su cui scaricare tutto il tuo odio e la tua frustrazione?
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