Lidia Undiemi e l’inganno del Fondo Salva-Stati
In un paese dove le dimissioni di un politico sono salutate come un evento eccezionale e strabiliante, fa notizia che un esponete di un partito abbia deciso di dimettersi con un’articolata e precisa lettera pubblica in cui spiega i motivi della sua scelta. Ancora più strabiliante è il fatto che alla base di tutto non ci siano sospetti di comportamenti illeciti o reati, ma soltanto ragioni di tipo politico. L’autrice di questo gesto è Lidia Undiemi, studiosa di diritto ed economia presso l’Università di Palermo che, con una lettera indirizzata ad Antonio Di Pietro e al candidato sindaco di Palermo Leoluca Orlando, ha annunciato le sue dimissioni dal partito. Una scelta coerente e coraggiosa quella della responsabile del Dipartimento Welfare-Lavoro dell’IDV Sicilia che ha il merito anche di porre l’attenzione su di un tema che, per imperscrutabili motivi, continua a restare marginale nel dibattito pubblico italiano. Nella sua missiva Lidia Undiemi lancia un forte richiamo perché “gli italiani hanno il diritto di sapere che Italia dei Valori sta appoggiando, soprattutto con il proprio silenzio, la proposta del governo Monti di trasferire 125 miliardi di euro (minimo) ad una organizzazione finanziaria intergovernativa, l’Esm, ambiguamente definita “fondo salva-stati”, che, fra immunità, esenzioni, condoni ed altri privilegi, si propone di concedere finanziamenti agli Stati in difficoltà in cambio della possibilità di potere imporre “rigorose condizionalità” da far gravare sulle spalle del popolo.”
In effetti con la ratifica del European stability mechanism (Esm), il fondo di stabilità permanente, le politiche degli stati nazionali saranno gestite da un’organizzazione internazionale che detterà per filo e per segno le politiche economiche. Il rischio tangibile e reale è che nei prossimi anni una destra conservatrice e neoliberista imporrà a tutto il continente la sua fallimentare politica per cui è possibile uscire dalla crisi solo stringendo la cinghia, diminuendo la spesa pubblica, rendendo sempre più precario e senza diritti il mercato del lavoro, riducendo la presenza dello Stato e abolendo de facto ogni forma di stato sociale. Stiamo assistendo al paradosso per cui una crisi generata dalla finanza speculativa sarà gestita direttamente e esclusivamente da un’istituzione finanziaria che priverà della democrazia l’Europa riducendo le elezioni ad un contentino, un piccolo gioco tra partiti che il realtà non potranno decidere assolutamente nulla in tema di politiche economiche o di sviluppo. Del resto l’esempio di quale effetto drammatico potrà avere l’Esm ce lo abbiamo già sotto gli occhi. Basta semplicemente osservare ciò che è accade in Grecia. In cambio di una serie di aiuti, l’Europa ha preteso al governo ellenico una vera e propria cessione di sovranità, imponendo tagli alla spesa, riduzioni degli stipendi dei dipendenti pubblici e tagli alle pensioni. Contrariamente a quello che ci propinano i mezzi di informazione ufficiali, queste politiche non stanno sortendo nessun risultato se non quello di imporre ulteriori tagli e favorire la spirale recessiva.
Su questi fatti, come sottolinea giustamente Lidia Undiemi, regna un assordante silenzio. Nessun eco nelle televisioni o nei grandi giornali nazionali e un dibattito confinato soltanto nella ristretta schiera degli addetti ai lavori e degli economisti. Un silenzio colpevole e pericoloso che regna anche su di un’altra questione: l’introduzione del vincolo del pareggio di bilancio in costituzione. Il 15 Dicembre scorso il Senato della Repubblica ha votato in prima lettura la modifica all’art. 81 della Costituzione e, nelle prossime settimane, sarà chiamato a ratificare definitivamente l’introduzione del vincolo del pareggio di bilancio nella Carta. L’articolo 138 in materia di revisione costituzionale prevede infatti che, dopo due successive deliberazioni di Camera e Senato a maggioranza qualificata di due terzi, una modifica della Costituzione non debba essere sottoposta a referendum. Anche qui, se passasse questa disposizione fortemente voluta dai super tecnici italiani, non ci sarebbe più spazio nel prossimo futuro per la sovranità nazionale in Italia. Con la norma sul pareggio di bilancio (che prevede l’obbligo di gestire le finanze pubbliche con deficit strutturale annuo non superiore allo 0,5% del PIL) gli investimenti prodotti dallo Stato dovranno avere la certezza sia degli eventuali introiti, sia degli esiti. Siccome nessuna azienda pubblica o privata potrà mai determinare con certezza le sue future attività, almeno che non affidi i suoi destini al mago Otelma, è chiaro che il vincolo di pareggio di bilancio obbligherà i Governi a ridurre in maniera vistosa i propri interventi per cautelarsi da ipotetici imprevisti. Per cui scordiamoci che lo Stato italiano in futuro possa investire in ammortizzatori sociali, welfare state e tutte quelle misure volte a garantire un livello di vita dignitoso a tutti i suoi cittadini.
Tuttavia non tutto è perduto. Nonostante l’intento sia quello di sospendere la democrazia sostanziale in Europa, anche l’Esm e il vincolo di bilancio devono essere ancora ratificati. Se nei prossimi mesi si riuscirà a ridare la parola ai cittadini, forse questo scempio non passerà. Ed ecco quindi che iniziative coraggiose come quella di Lidia Udiemi e l’appello ai senatori lanciato dal network del socialismo europeo(www.ilmelogranorosso.eu) , dall’Avanti! di Rino Formica e da Critica Sociale possono scuotere le coscienze e impedire la nascita di una nuova dittatura economica nella quale i principi finanziari prevarrebbero sui diritti dell’uomo. Difendere la Democrazia: si può fare!