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15 Mar 2013

L’incomprensibile arroganza italiana sul caso dei Marò

Forse ci sbagliamo, ma alla fine, dopo mesi di trattative, l’Italia ha scelto la via peggiore per risolvere la questione dei due fucilieri del Battaglione San Marco  Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, sotto processo in India per l’uccisione di due pescatori, scambiati per pirati internazionali. Probabilmente non si poteva fare altrimenti, ma la mossa a sorpresa del Ministro Terzi, che ha deciso di non far ritornare indietro i due marò dal permesso elettorale,  rischia di avere delle pesantissime ripercussioni sul piano economico e diplomatico e di compromettere in modo definitivo la credibilità internazionale dell’Italia.

Intanto la scelta di un governo che, è bene ricordalo, è in carica solo formalmente, ha già provocato una vittima: l’incolpevole ambasciatore Daniele Mancini a cui il governo indiano impedisce di lasciare il paese. La Corte Suprema Indiana infatti lo considera il garante degli accordi presi in quanto aveva personalmente assicurato che i due marò sarebbero tornati per farsi processare entro il 22 marzo.  Per questo motivo sarà chiamato a testimoniare sull’accaduto e non è escluso che, come propone il partito d’opposizione Janata Party, possa addirittura essere processato per “il reato di oltraggio alla Corte”.

Insomma se entro il 22 marzo i due marò non torneranno in India, la vicenda rischia di trasformarsi in un vero e proprio scambio di prigionieri. Da una parte Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, dall’altra  l’ambasciatore Daniele Mancini e la sua famiglia.620x413xl43-daniele-mancini-ambasciatore-130314084633_big.jpg.pagespeed.ic.yKJ_iJnzGl

Se così fosse ci troveremo di fronte ad un fatto gravissimo: un funzionario dello Stato, colpevole solo di aver fatto il proprio dovere, trattenuto e processato come un bugiardo, un malfattore e un traditore della secolare arte della diplomazia. Con ogni probabilità alla fine la cosa si rileverà meno grave del previsto e Mancini e la sua famiglia saranno liberi di tornare in Italia, tuttavia è certo che questo furbata sarà vista in tutto il mondo come l’ennesima prova dell’inaffidabilità dei nostri rappresentanti.  A molti sembrerà incomprensibile, ma il fatto che un ministro degli esteri smentisca in modo così clamoroso il suo massimo rappresentate in un paese straniero non è una cosa da poco. Quale fiducia potranno mai riporre i governi di altre nazioni in un nostro ambasciatore se la sua parola giurata ha il valore di una carta straccia? E quale considerazione potranno avere della politica estera italiana se ancora una volta ricorriamo al gioco delle tre carte e veniamo meno alla parola data? E’ vero, questa volta in gioco c’è la vita di due nostri connazionali sottoposti alle lunghe e farraginose procedure del diritto indiano, ma l’Italia, considerata la patria del diritto, siede a pieno titolo nei principali organismi internazionali ed è una delle principali potenze mondiali. Non può,  dopo aver accettato e  rispettato le leggi e le decisioni dell’India, cercare di risolvere la questione semplicemente ingannando la Corte indiana  non facendo tornare indietro i due soldati.

A questo punto non ci resta che aspettare le mosse del futuro governo italiano, ammesso che si riesca a formarlo, per capire come s’intende risolvere la questione. Anche perché siamo certi che, al di là di tutti i tatticismi post elettorali, il tema della credibilità internazionale del nostro paese dovrebbe essere una priorità di tutti i partiti, dalla destra alla sinistra, passando per il M5S.
Comunque è indispensabile che ci sia subito e da parte di tutti, istituzioni e opinione pubblica, una reazione altrettanto veemente di quella che c’è stata per i due marò, magari più lucida e che tenga conto del nostro ruolo internazionale anche a tutela dell’onore e dell’incolumità del nostro ambasciatore.

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