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17 Feb 2014

Minori fuori dalla famiglia

Minori fuori dalla famiglia

Minori fuori dalla famiglia: quanti sono e come vivono. Soprattutto, quale business? 

Si ritorna a parlare dei bambini in affidamento. Il Tavolo Nazionale Affidi ribatte al recente articolo di «Panorama» che parla di “business della sofferenza minorile”, mentre SOS Bambini presenta una guida pratica  per chi si occupa di accoglienza.

Bambini e adolescenti che vivono in affidamento presso altre famiglie o in comunità residenziali di accoglienza. Di loro, negli ultimi tempi, si parla spesso.

L’Italia è stata richiamata di recente dal Comitato ONU, che nel 2009 ha approvato le linee guida sull’accoglienza etero-familiare, a garantire l’applicazione omogenea su tutto il territorio nazionale della legge 149 del 2001 che disciplina la materia.

Motivo per cui l’associazione SOS Villaggi dei Bambini ha presentato la scorsa settimana a Roma, con il patrocinio dell’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza, il Manuale “Moving Forward”, una guida utile rivolta ai soggetti impegni nell’accoglienza minorile.

Ma al centro del dibattito vi è anche la guerra dei numeri sui minori fuori dalla famiglia, le cause dei collocamenti, le condizioni in cui vivono  e i costi delle comunità.

Se ne parla, ma alle organizzazioni aderenti al Tavolo Nazionale Affido (tra cui il CAM, ANFAA, AIBI e Papa Giovanni XIII), il modo in cui è affrontato l’argomento non va giù, e di recente ha espresso “profonda preoccupazione per quanto pubblicato dal periodico «Panorama», negli ultimi mesi ed in diverse occasioni”.

Già nel 2009 il periodico, nel numero di Novembre intitolato “20.000 sequestri si Stato”, sosteneva che le cause di tali sequestri – i collocamenti in comunità – non “sono del tutto giustificate”, e parlava di “tratta dei minori” e di “business miliardario in crescita esponenziale”.

Nell’ottobre scorso «Panorama» è ritornato sull’argomento scrivendo che i minori in affido sono uno “scandalo che meriterebbe l’intervento urgente di qualche magistrato penale. In Italia, secondo gli ultimi dati ufficiali, sono circa 39 mila i bambini tolti alle loro famiglie dai Tribunali dei minori”.

Inoltre, stando all’articolo, aleggia “il terribile sospetto che dietro al fenomeno affidi si nasconda un colossale business della sofferenza minorile, in troppi casi basato su perizie «addomesticate», se non su veri e propri illeciti”.

Gli ha fatto eco lo scorso mese la Presidente della Commissione Bicamerale per l’infanzia e l’adolescenza, Michela Vittoria Brambilla che, dalle colonne del «Corriere della Sera», fa sapere di aver presentato una “lunga e dettagliata interpellanza bipartisan: segnalazioni e denunce di sospetti maltrattamenti o abusi su minori, bambini ospitati in case-famiglia dalle condizioni igieniche intollerabili, allontanamenti «troppo facili» dai nuclei familiari, fiumi di denaro pubblico speso senza trasparenza”.

Insomma, le comunità di accoglienza nel mirino della commissione, e dei mass media.

Ma le cose – dicono le organizzazioni aderenti al Tavolo Nazionale Affido – non stanno così.

Anzitutto –  affermano – si continua a confondere “l’esperienza di affidamento di un bambino o un ragazzo ad una famiglia (l’affidamento familiare) con l’affidamento alla comunità”. “I dati ufficiali diffusi dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali dicono che i minorenni fuori famiglia sono poco meno di 30.000 di cui circa un quarto presso i parenti, un quarto in affidamento a famiglie non consanguinee e la restante metà in comunità”. Uno scarto di 9mila bambini e ragazzi.

Il nodo – secondo il Tavolo Nazionale – sta nell’intenzionalità di denigrare in maniera generalizzata le esperienze dell’accoglienza, in particolare le comunità, descritte quali luoghi impropri, disattenti e dediti a far soldi “sulla pelle dei bambini”.

Il verificarsi di casi di illeciti o di incompatibilità  – sostengono le organizzazioni – quando accertati vanno assolutamente denunciati. Ma dire che tutte le comunità di accoglienza residenziali si arricchiscono sulle sofferenze dei più piccoli, suona davvero come “un’affermazione infamante”.

Bisognerebbe parlarne con i gestori delle case-famiglia campane costretti, per oltre la metà, a chiudere i battenti a causa degli ingenti crediti vantati verso il Comune di Napoli (ad oggi ancora moroso) oppure agli oltre 600 operatori sociali che hanno perso il posto di lavoro. E non solo in Campania.

Come è nel DNA del terzo settore le organizzazioni aderenti al Tavolo Nazionale Affido ai pensieri critici hanno sempre fatto seguire anche il loro sostegno alle istituzioni, e fanno notare di aver indicato i “concreti passi da compiere per migliorare Il sistema italiano dell’accoglienza minorile”.

Tra questi sicuramente “l’articolazione di politiche attive volte al sostegno sociale, psicologico, economico e relazionale dei nuclei familiari e dei loro figli”.

C’è allora bene da sperare per il Tavolo Nazionale perché può contare sul sostegno della presidente Brambilla la quale il 17 gennaio scorso, sempre dalle colonne del quotidiano diretto da De Bortoli, ha affermato che è necessario “sostenere la genitorialità con programmi di supporto e dare maggiore e migliore ascolto al minore stesso”.

Peccato che il 9 gennaio lo stesso quotidiano denunciava che il “Governo italiano taglia, con la Legge di Stabilità 2014/2016, del 22 per cento il Fondo Nazionale Infanzia e Adolescenza per il 2014 e di quasi il 30 per cento per il 2015 e il 2016”.

Chi era quel tale che diceva: “Senza soldi non si cantano messe?”. Non resta altro, a questo punto, che affidarsi alla Presidente della commissione bicamerale che, date le dichiarazioni, troverà sicuramente il modo di rimpinguare il Fondo per quell’infanzia e adolescenza a lei tanto a cuore.

Per scaricare le linee guida : http://goo.gl/3SWrb5

Scritto da

Ornella Esposito

- Classe '73, si occupa di sociale praticamente da quando è nata. Il suo pallino sono i deboli, quelli che vivono ai margini. Testa dura più del piombo, ma disponibile al confronto. Non potrebbe concepire la sua vita senza il jazz e la scrittura. E' giornalista e scrive di sociale e cultura, cerca di dare voce a chi non ne ha. Segni particolari: disordinata e creativa. L'imperativo della sua vita: "Don't forget to write