Non avrai altro Dio …
di Fulvio Tudisco.
Secondo Charles Baudelaire “La maggior astuzia del diavolo sta nel far credere di non esistere”. Parafrasando questa celebre massima, si potrebbe dire che al contrario “la maggior astuzia dell’economia neoliberista sta nel far credere che esiste solo lei al mondo”. La grande propaganda di questi ultimi anni si è infatti incentrata sull’assioma che nessun altro modello di sviluppo può essere, non solo applicato, ma persino immaginato e che la politica nell’era della globalizzazione non ha alcun potere decisionale. Il mercato, superbo arbitro dei destini dell’uomo, è al di sopra di tutto. Al di sopra dei cittadini, dei partiti, dei governi e degli stessi Stati. I sacerdoti di questo culto agiscono nell’ombra. Sono le agenzie di rating e i grandi gruppi speculativi che, interpretando le volontà del mercato divino, provocano le crisi e nel contempo impongono le soluzioni. I poveri politici, incapaci di comprendere il verbo, sono costretti a ritirarsi in bell’ordine e accettare diktat, mentre ai cittadini non resta che aspettare che la collera divina si plachi. Talmente forte è stata la martellante diffusione di queste idee che anche oggi, quando la società occidentale vive la sua crisi più profonda, nessuno sembra disposto a vedere la realtà: la decadenza è iniziata proprio nel momento in cui la politica ha smesso di decidere abdicando il suo ruolo di guida ai mercati. Purtroppo il vero dramma attuale è che nessuno né a destra né a sinistra sembra rendersi conto di questa amara verità.
Ancora una volta possiamo prendere l’Italia come paradigma evidente di quello che succede nel mondo. Il nostro paese infatti ha ormai assunto il ruolo di grottesca maschera del declino morale e culturale prima che economico e politico dell’occidente. Ciò che in altre parti si manifesta in maniera sottile, da noi assume contorni spudoratamente chiari, quasi osceni. Mentre infatti eravamo affaccendati a calcolare i deputati in grado di tenere in sella il Cavaliere e a discettare di primarie, come un fulmine e ciel sereno si è abbattuta la famigerata lettera della BCE. Improvvisamente tutti siamo ritornati all’ordine: basta discussioni inutili, ora bisogna esaudire le richieste, altrimenti l’ordalia divina si abbatterà su di noi come sulla vicina e riluttante Grecia. Tuttavia a causa del nostro celebre provincialismo, persino questa lettera è stata usata e interpretata per intessi di bottega. Per molti infatti la bocciatura europea si è trasformata in un aiuto inaspettato per far fuori finalmente, e una volta per tutte, l’incubo Berlusconi. Poco importano, si è detto, i contenuti della lettera, la cosa significativa è che i mercati hanno scaricato il Cavaliere. Specularmente in molti altri ha incominciato a farsi strada una strana considerazione: tutto sommato meglio tenerci Berlusconi che sottometterci alle regole del mercato. Insomma ancora una volta a nessuno è venuto in mente che la lettera della BCE non è la tavola di Mosè e che la colpa di questa crisi nasce dalla totale incapacità delle politica nostrana di avere idee, piani per una politica di sviluppo e strategie un po’ più lungimiranti del semplice tirare a campare. Un’altra cosa che è sfuggita ai più, e colpevolmente è stata dimenticata dai giornali–ancelle del culto, è che la BCE e il duo Merkel – Sarkò non sono affatto degli arbitri terzi. Al contrario sono gli esponenti più rappresentativi di quella stessa destra europea che ha portato il continente ad un passo dal baratro. Entrambi nel loro rispettivi paesi sono oramai degli sconfitti, come dimostrano le elezioni che li vedono perdere costantemente, all’affannosa ricerca di una exit strategy per salvare se stessi prima che l’economia. Per questo ovviamente i “consigli” che danno non possono essere disinteressati. Fatta salva la necessità di tenere i conti i regola, per loro è senza dubbio meglio fare macelleria sociale , specialmente in altri stati, che rinnegare il dio Mercato. Tuttavia se il nostro paese avesse una strategia chiara o il coraggio di portare avanti proprie idee, difficilmente il famigerato duo potrebbe ergersi a salvatore dell’Europa.
Questa precisazione all’apparenza può sembrare ovvia, ma purtroppo da noi anche l’ovvio non è tale. Invece di ripeterci continuamente che di fronte a noi c’è solo il buio, forse sarebbe più opportuno cercare di ragionare e capire cosa occorre veramente all’Italia per uscire dal tunnel. Certamente per fare ciò ci vorrebbero partiti, soprattutto a sinistra, che non credano soltanto nel dio Mercato o non siano collusi con la finanza speculativa. Ma purtroppo questa è un’altra storia.