Governo che fai, dettame UE che trovi
Olli Rehn bacchetta l’Italia: “squilibri macroeconomici eccessivi”
La Commissione Europea, nella persona specifica del commissario Olli Rehn, si dimostra sempre attenta alle “riforme urgenti” da fare in Italia. Era accaduto con Monti, poi con Letta, ora con Renzi: appena nominato un nuovo Premier sul programma arriva il richiamo della Commissione Ue degli affari economici.
“L’Italia presenta squilibri macroeconomici eccessivi che richiedono un monitoraggio specifico e una forte azione politica”, dice la Commissione, che tradotto in linguaggio umano significa “fate riforme per uscire dal pantano economico in cui siete”; ma c’è un significato ancora più sottile fra le righe: “potete nominare premier anche il Papa, ma le riforme si fanno secondo l’austero rigore imposto da noi”.
Che avessimo ceduto la sovranità finanziaria lo sapevamo, ma quello che risulta sempre più lampante è la cessione continua di ogni ultimo residuo di sovranità politica, tanto che sembra impossibile avere un programma di riforme che non sia in antitesi con un patto sociale degno di un paese civile.
Sappiamo dal nuovo premier che “mettere i conti in ordine lo si deve fare per i nostri figli” senza alcuna parola – almeno sino ad ora – del come risanare i nostri conti evitando ai nostri figli i debiti al prezzo dell’essere sempre più poveri.
La questione per l’appunto sta in quel benedetto come, nel senso che l’austerità sino ad ora imposta non ha fatto altro che provocare una spaventosa contrazione della domanda di beni e servizi, dei consumi, del risparmio, il tutto condito da livelli record di disoccupazione, dall’assenza d’ investimenti produttivi, dall’impoverimento repentino di parte sempre più larga della società italiana.
Dunque il nuovo Governo ha in soccorso le minacce di sanzioni europee per accelerare sulle scelte economiche, c’è da aspettarsi che per far presto si riduca al minimo lo spazio per una consultazione con le parti sociali che non si riduca ad una pura comunicazione dei compiti da fare di Montiana memoria.
Eppure anche questo Governo come quello Letta è frutto delle passate elezioni, nelle quali il voto popolare si è espresso sui programmi allora presentati ed in quello del del Pd di Bersani c’erano la revisione dei vincoli europei e nuove politiche di sviluppo non più fondate sulla macelleria sociale. Nuove elezioni non ce ne sono state, dunque non è stato espresso un mandato a programmi diversi; inoltre lo stesso Renzi ha rivendicato le medesime cose nell’insediarsi come nuovo Presidente del Consiglio. Giunge ora la prova dei fatti terminato il tempo degli slogan, nei quali vedremo se questo Governo avrà davvero il coraggio di cambiareverso, attaccando i veri malanni della nostra economia: 130 miliardi di evasione fiscale, l’80% della ricchezza nelle mani del 10% della popolazione, l’assoluta carenza di investimenti interni ed esterni, il ritardo tecnologico nella logistica e la burocrazia deviata. Insomma tutto quello che Olli Rehn e la sua Commissione si dimenticano di rilevare ai nostri nuovi Governi e che in tutto il mondo fa rabbrividire anche gli economisti liberal più fanatici. Tant’è che per la Commissione Ue il problema primario del nostro paese è la scarsa produttività.
Ciò in molti casi è anche vero, ma viene da chiedersi se nello studiare la nostra economia sia mai messa la lente d’ingrandimento su tutto quel mondo del lavoro spinto nel nero, nel sommerso, la cui produttività è legata ad alcuna altra regola che non sia lavorare alle condizioni date pena il licenziamento immediato, per il quale non esiste tutela in quanto lavoro nascosto alla legge.
Così com’è lecito domandarsi se nello studiare il nostro sistema, qualcuno si preoccupi della proliferazione virale delle partite iva, dietro la quale si nascondono rapporti di tipo subordinato e lavoro autonomo di giovani professionisti che provano a sopravvivere tra i pochi baroni tenutari eterni del loro mercato.
In un paese dunque che da anni modifica le regole del lavoro, l’Ue sembra attenta a chiederne ulteriori; eppure con esse non si crea lavoro, non si garantisce una tutela a chi il lavoro l’ha perso o non lo trova, questo lo si fa con gli investimenti, con il credito, con il favorire i consumi.
Abbiamo cambiato tante regole sul lavoro, eppure i numeri sulla disoccupazione oramai sistemica, sono evidenti.
Al sempre caro Olli Rehn andrebbe chiesto come sia possibile lamentare all’Italia la scarsa crescita della domanda, degli investimenti e della produttività, imponendo nello stesso rigore ed austerità a quegli stessi conti pubblici che dovrebbero poi favorire investimenti e crescita.
Vedremo cosa farà Renzi, vedremo cosa farà il Governo per la crescita, cosa contiene il tanto atteso “jobsact” di cui tanto si parla ma che nessuno sa in cosa consiste. Nel frattempo l’unica proposta sul lavoro la fa la Cgil con il suo “Piano del Lavoro” che invece di proposte concrete ne contiene parecchie e di cui tratterò in altro commento.
Nel frattempo, il Ministro Padoan dice che sul cuneo fiscale vanno fatte delle scelte: “o alle imprese o ai lavoratori” e che ““Il monito della Ue è severo ma va anche nella direzione di quello che pensiamo noi”.
Speriamo di avere pensieri indipendenti e non eterodiretta, in caso contrario il populismo anti euro sarà sempre più difficile da contrastare.