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14 Mag 2012

Pagano i deboli. Campano i forti.

di Michele Petriccione.
Di curiosità illogiche è costellata la cronaca quotidiana, con il puntuale coinvolgimento qualunquista di alcuni esponenti politici, ma il dibattito su quanto accade fuori gli uffici di Equitalia, minacce e attentati quotidiani, lascia davvero perplessi. Capiamoci, non vi è alcun dubbio che la riscossione dei tributi non versati debba essere seriamente rivista. Troppo spesso, citando Nenni, lo stato è forte coi deboli e debole con i forti; troppo spesso si verificano incongruenze tra debiti dovuti e modalità di riscossione che in effetti colpiscono senza equità nè giustizia. Non è possibile avere la casa pignorata per debiti con lo Stato casomai molto modesti; non è possibile che le cartelle giungano nella posta portando un cinico e freddo conto, quasi sempre salatissimo, senza tener conto dell’effetto che possono avere su situazioni personali ai limiti della stabilità psichica.
Il suicidio è forse l’atto estremo non di chi vuol sfuggire ad un problema, piuttosto di chi si sente solo nel poterlo affrontare, senza possibilità di trovare delle soluzioni ragionate e misurate alle proprie condizioni economiche
Troppo spesso l’impatto di chi si reca agli uffici di Equitalia con la cartellina sotto il braccio è simile a chi deve affrontare un intervento chirurgico rischioso. La burocrazia spesso uccide come una malattia inesorabile e senza cura.
In una fase di crisi economica e sociale tanto grave, è prioritario ridefinire il sistema di riscossione all’interno di una revisione dell’intero sistema fiscale, rendendolo più simile ad un consulente pubblico che consente di rispettare le regole commisurate alle reali condizioni economiche delle persone. Un sistema così, molto simile a quello di molti paesi occidentali dove l’evasione fiscale è eccezione criminale e non virus patogeno, permetterebbe anche di far emergere capitali altrimenti nascosti e che nessun raid della guardia di finanza troverà mai. Insomma se si chiede alle persone di pagare in base a quanto possono, come la Costituzione vorrebbe, con uno Stato che viene incontro anche per sanare condizioni pregresse, non si otterrebbe ben di più? È noto che c’è chi evade perché diversamente non riuscirebbe a sopravvivere; tener conto di questo e porvi rimedio non significa legittimare un reato, anzi servirebbe a dimostrare che chi vuol stare nelle regole trova buon senso e disponibilità, legittimano ancora di più l’inflessibilità verso chi sceglie di arricchirsi sulle spalle di quanti le tasse le pagano.
Come sempre, toccherebbe alla politica fare scelte piuttosto che rincorre la violenza del “furor di popolo”. È sbagliato addossare le colpe all’ente riscossore, troppo facile e qualunquista. Cosa possono fare quanti lavorano dentro e con Equitalia, se la riscossione dei tributi non è riformata come tutto il sistema fiscale? Bisogna ricordarsi che al netto di quanti contraggono debiti per condizioni di oggettive difficoltà, la gran parte delle “vittime di equitalia” riceve una cartella esattoriale perché viola puntualmente le regole, basando la propria ricchezza sul furto allo stato, e dunque, ai contribuenti onesti.
Eppure, l’evasore incallito che si dice tartassato dalle cartelle esattoriali, lo fa magari mentre programma la vacanza sul barcone mai dichiarato comprato con le rendite che ha di affitti mai dichiarati per le proprietà distribuita come intestatario su ogni familiare. Defunti compresi. Magari poi è lo stesso che si lamenta che i trasporti non funzionano, che i prezzi salgono, che al pronto soccorso si deve aspettare per ore. Invece di rincorrere le idiozie anti equitalia, sindaci e politici vari si impegnino per una riforma dell’intero sistema fiscale e nell’immediato, di stabilire procedure di riscossione fondate sul “buon senso” sociale.

Scritto da

Michele Petriccione

- Segretario Regionale SLC Cgil della Campania, sindacato della comunicazione. Mi occupo di comuncazione politica e social marketing. Sono tra i fondatori de La Prima Pietra per costruire un socialismo libero e democratico, per "non viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza ".