PD: Bignami di Storia
Una breve ripetizione di storia, seppure recentissima, è sempre cosa buona, soprattutto per comprendere quello che succede e quello che (immaginiamo) potrebbe accadere nel più o meno prossimo futuro. Perdonerete la semplicità della mia ricostruzione, ma il tempo scorre inesorabilmente veloce e bisogna fare quanto prima chiarezza.
In principio c’erano i partiti, quelli ideologici, definibili con una sola parola e riconducibili a una tradizione politica e culturale alquanto definita; i colori erano il bianco il rosso e il nero e la restante gamma cromatica era a vantaggio degli artisti e della moda, alla politica dovevano bastare poche sfumature.
Per molti anni fu così, poi fu l’epoca della Seconda Repubblica e niente più potè dirsi come prima: diventava sempre più difficile capire chi pensava cosa, se chi parlava lo faceva per dire la sua o quella del partito (movimento, federazione, alleanza, etc) e che colore (più o meno eh?) avesse quella o quell’altra “realtà culturale e politica”.
Fu l’epoca della lista dell‘Ulivo (DS, SDI, Margherita, Repubblicani Europei), protagonista delle campagne elettorali e della politica italiana dal 1995 al 2007. I malumori tra le anime dell’alleanza strategica furono frequenti e più o meno dolorosi: in fondo il progetto di mettere insieme comunisti, socialisti, democristiani e repubblicani era azzardato. Nel 2005, in occasione del diverso approccio che SDI e Margherita ebbero rispetto al referedum sulla fecondazione assitita, i socialisti di Boselli lasciarono la Fed degli ulivisti che continuò tuttavia a vivere.
Persa l’anima socialista, rimasero in tre: DS, Margherita e Repubblicani che decisero di mettersi insieme.
In vista della creazione del Partito Democratico anche i DS persero pezzi: al IV congresso (tenutosi tra il 19 e il 21 aprile del 2007) si confrontarono tre mozioni:
- Mozione Fassino: favorevole al progetto di unione con i moderati e centristi (che vinse con il 75,5% dei voti)
- Mozione Mussi: favorevole alla nascita di una grande forza socialista di sinistra legato al Partito del Socialismo Europeo (votata dal 15% dei delegati)
- Mozione Socialisti ed Europei: che, seppur vicina ai fassiniani, chiedeva comunque una chiara adesione al PSE (ottenne il 9,4% dei voti)
Le due mozioni sconfitte uscirono dai Democratici di Sinistra e viaggiarono per conto loro (fondarono prima Sinistra Democratica e poi confluirono in Sinitra Ecologia e Libertà), ma questa è un’altra storia.
“Fatta fuori” l’anima socialista dei DS, i dirigenti della Margherita furono rincuorati dalla certezza che il nascente progetto del PD non avrebbe avuta alcuna “deriva” a sinistra e aderirono unitariamente al progetto del Partito Democratico.
Il PD nacque il 14 ottobre 2007. Il manifesto fu approvato quattro mesi più tardi e così si è arrivati alla storia recentissima. Nel 2008 il segretario Veltroni (ex PCI) e la dirigenza del partito decisero di “correre da soli” alle elezioni politiche, sbattendo le porte in faccia ai partiti di sinistra che si raccolsero nella lista Sinistra Arcobaleno. Le elezioni furono perse e per la prima volta nella storia della Repubblica in parlamento non sedette alcun partito che faceva rifeimento alla cultura socialista e comunista.
Dopo la breve reggenza di Franceschini (ex DC), il PD votò per un nuovo segretario: Pierluigi Bersani (ex PCI). Il partito in compenso perse Rutelli che temeva che con il nuovo segretario si sarebbe corso il pericolo di andare verso un partito democratico di sinistra (come si legge sul Corriere del 31 ottobre 2009). Oggi la reggenza è nelle mani di Guglielmo Epifani e il partito aspetta un nuovo congresso, tra tumulti e primedonne, ma la questione identitaria è ancora tutta da affrontare.
Il PD non è compreso all’estero, risulta essere uno strano cerbero con una testa democristiana (e popolare) e una comunista, ma dall’ apertura a sinistra di Bersani (nell’ultima campagna elettorale il PD è sceso in campo insieme a SEL) i partiti socialisti europei hanno cominciato a considerare i “democratici” degli interlocutori (da tenere sempre e comunque sottocchio) almeno per il fatto di riconoscere, formalmente, un comune nemico: il capitalismo finanziario e la politica di austerity.
Chi dall’interno (come fa Cofferati in un’intervista rilasciata pochi giorni fa) del PD invoca l’adesione del PD al Partito del Socialismo Europeo saprà di certo che per questo si spaccò uno dei due partiti (i DS) fondatori dei democratici . Chi lo fa saprà di certo che nel 2008 furono allontanate, certo democraticamente, tutte (o quasi) le anime socialiste considerate un diecrimine per l’adesione dalla componente popolare.
Allo stato attuale aderire al PSE non solo non è preso seriamente in considerazione dai diversi candidati alla prossima segreteria del Partito Democratico, ma dall’esterno sembra anche che questa questione sia quasi meglio che non si affronti, per non creare fastidi, tensioni e scricchiolii.