Politica e antipolitica in Europa
Su Il Sole 24 Ore di qualche giorno fa, Carlo Bastasin ha scritto: “Il cuore di tutte le campagne elettorali europee è diventato l’antagonismo tra crescita e austerità”. Potrebbe essere dunque questa la principale chiave di lettura di una situazione in generale originata da una profonda crisi finanziaria ed economica internazionale, che cambia l’Europa della politica.
Oppure, ed è questa la mia tesi, la crisi stessa più che la causa rappresenterebbe piuttosto l’effetto più evidente e prorompente di un “vento nuovo” che soffia, e che in quanto tale spira ben oltre i confini della stessa Europa.
In entrambi i casi, abbiamo a che fare con il fenomeno della globalizzazione; e si tratta principalmente di capire se tale fenomeno abbia determinato, in maniera più diretta, e quindi in primis, il cambio dell’economia o non piuttosto della società in uno con la politica.
In un recente saggio del dicembre 2011, edito in Italia da Laterza, dal titolo “Il potere dei giganti”, Colin Crouch si chiede perché la crisi non ha sconfitto il neoliberismo. In proposito e sovente al fine di tentare di uscire dalla crisi, da più tempo si è sviluppato un ampio dibattito sull’opportunità di rifinanziare la crescita secondo il modello e le ben note ricette elaborate da Keynes. Eppure, “l’economia keynesiana aveva un tallone di Achille: le tendenze inflazionistiche del modello, dovute al suo meccanismo a senso unico azionato dalla politica” (Crouch, ibidem, pagina 17). Quella stessa politica che si è servita della finanza, nè più né meno di quanto la stessa finanza abbia poi fatto con la politica. Con il risultato, evidente, di costruire un sistema globale su larga scala governato da forze politiche capaci di sostenerlo e alimentarlo. Un sistema politico, che di tanto in tanto vede la comparsa di forze contrarie, non tradizionaliste, che, oltre ad essere giudicate in veste di antipolitica (?!), sono ritenute, ma solo in taluni casi e per questo giustamente, forze antisistema. Ad esempio, si tratta principalmente di quello che è avvenuto con i Piraten in Germania e i Grillini in Italia e viceversa, in chiave razzista e antisistema, con il Front National di Marie Le Pen in Francia e i nazisti di Chrysi Avgi in Grecia.
Ciò premesso, direi pertanto che non di politica e antipolitica deve trattarsi, ma piuttosto della capacità politica, nell’ambito di un sapere e di una maggiore cultura postmoderni, di fare o non fare sistema; laddove, stante questa capacità, in realtà sono le forze politiche tradizionali a vincere le elezioni: come avvenuto con il PSE in Francia, la CDU nel Lander dello Schleswig-Holstein, il Partito Laburista in Gran Bretagna e, sia detto chiaramente, il Pd in Italia.