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30 Apr 2014

Le primarie e la forma partito europea

primarie e forma partito

Il PD come partito delle primarie offre la possibilità di interessanti comparazioni con la consultazione degli iscritti compiuta dalla socialdemocrazia tedesca su lprogramma della Grosse Koalition. Anche se circa i tre quarti dei militanti della Spd si è espresso favorevolmente, chi conosce quel partito sa che la scelta è stata molto sofferta. A quanto abbiamo appreso, infatti, si considera soprattutto non ancora matura (sebbene possibile) una coalizione con i post-comunisti della Linke, praticata finora in modo rilevante solo nel Land di Berlino. Tuttavia, il governo con la Cdu del 2005-2009, ha fatto perdere alla Spd circa il 10% dei voti, e sarà forse non meno letale questa volta. E’ presto per esserne certi, ma è verosimile che per riconquistare il voto operaio perduto nell’ultimo decennio a causa della precarizzazione che penalizza i salari, la Spd possa indicare per la prossima legislatura una fase nuova che includa anche, in qualche modo, una Linke più ragionevole.

Sono ipotesi di maturazione graduali, il che è anche un problema. Sia Cuperlo, sia Gabriel (sia Milliband del Labour britannico, un tempo vicino a Blair) hanno rappresentato questa gradualità di revisione delle culture politiche in tempi di inevitabile insofferenza: essi erano attivi nella fase (1995-2008) che con le sue politiche ha socialmente ed elettoralmente penalizzato le sinistre europee. Poi, però, sono stati capaci (Cuperlo preceduto da Bersani, con cui era in sostanziale continuità) di individuare i fallimenti di quella fase. La somiglianza fra Italia e Germania è che Cuperlo e Gabriel hanno subìto, molto oltre le proprie responsabilità, l’incapacità dei due partiti a cambiare quanto necessario rispetto alle ricette passate (per dirla con semplicistica sintesi: finanziarizzazione e precarizzazione del lavoro), che hanno portato alla crisi economica.
La Spd avrebbe potuto benissimo, osando di più sulla via della forte crescita salariale tedesca, coniugare la propria ripresa elettorale con quella economica dell’intera Europa. Convincendo così una porzione ampia dei propri potenziali elettori che il loro interesse e quello dei paesi più in crisi è del tutto conciliabile. La lentezza tedesca a procedere in tal senso ha però a sua volta bloccato anche la capacità propositiva di Bersani (che vi ha aggiunto un’esitazione tutta sua nel prolungare il sostegno a Monti), e tutto poi è ricaduto su Cuperlo e sul suo risultato.
La vittoria di Renzi è frutto di questo: chi indica, meritevolmente, un cambiamento sostanziale, ma lo realizza con fiacchezza quando invece sarebbe necessario ben altro, viene travolto. Travolto anche, magari, da alternative impetuose ma non sostanziali (e tantomeno risolutive) dove dovrebbero esserlo: in campo socio-economico. Ma, a proposito di impetuosità, con le primarie, entriamo appunto in un aspetto di discontinuità fra la sinistra tedesca e italiana. L’impeto “non sostanziale” delle ricette renziane (non sostanziale, dicevamo, perché esse sono più spostate sulla questione della riforma istituzionale che su quella economica) dipende proprio dal fatto che da noi si fanno le primarie, mentre in Germania, e pressoché ovunque in Europa, si lascia che i processi dei diversi partiti maturino secondo logiche, ideali e culture organizzative proprie. Per chi scambia l’impeto con il vero cambiamento la democrazia europea può apparire insopportabile. Ma chi ragiona così sbaglia da almeno due punti di vista risolutivi.

Il primo è che di sicuro è ben più reale la democrazia della Spd, che chiede l’opinione vincolante dei propri iscritti su scelte fondamentali anziché concedere ad un leader un’investitura che ha molti elementi di un assegno in bianco emozionale. Il secondo è che la democrazia è fatta di punti di vista plurali e distinti. E dunque è opportuno che i partiti, come fa la Spd (pur con errori e ritardi grandissimi) mantengano una propria specificità ideale che è inevitabilmente anche organizzativa e procedurale. L’insidia delle primarie è invece la promozione di leader votati da chiunque e sulla base di emozionalità generaliste innescate dai media. Media che già plasmano ogni giorno massicciamente la mente di tutti. Con il che non si ottiene la distinzione plurale e concreta di cui hanno bisogno le democrazie avanzate, ma l’indistinzione, sebbene questa possa essere impersonata da impeto rinnovatore ben interpretato.
Come è ovvio, non significa che i partiti non possano, proprio per il bene della democrazia, fare una consultazione interna migliore della Spd, rendendo più fertile il proprio specifico e le soluzioni che ne discendono. E’ quanto propone la “mobilitazione cognitiva” di Fabrizio Barca, che la sua squadra va perfezionando proprio guardando cosa si muove nella sinistra europea e non solo. La base dei grandi partiti europei potrebbe essere coinvolta e sistematicamente addestrata per (ad esempio) comunicare quotidianamente coi cittadini, per raccogliere fondi su precisi progetti di formazione politica ad ogni livello (crowdfunding), e per (prima) elaborare e (poi) diffondere al suo interno su apposite piattaforme le migliori soluzioni politiche e organizzative. Essa unirebbe la riflessione e la vera partecipazione all’impeto. Senza perdere l’identità di sinistra e sveltendo la maturazione delle soluzioni. Questo interessa chi pensa che alla democrazia moderna non servano mega-investiture, ma valorizzare e rinnovare, come sempre, le forze basilari di un partito di sinistra o progressista: l’identità, il radicamento, la specifica funzione storica, la cultura politica.

tratto da L’Unità

Scritto da

Paolo Borioni

- Storico, dottore di ricerca all'università di Copenaghen, collaboratore del Center for NordicStudies e dell'Università di Helsinki. Si occupa di storia dei paesi nordici, storia del socialismo, welfare state, storia delle istituzioni politiche, temi su cui ha all'attivo molte pubblicazioni e articoli. Contribuisce regolarmente alla stampa quotidiana e a riviste di dibattito politico-culturale. Tifoso della SSLazio 1900 da tre generazioni, di sinistra da quattro generazioni.