Renzi, che Italia vuoi se quella attuale è “tutta da rifare” ?
La Repubblica italiana nata con il Referendum costituzionale del ’46 ( Repubblica o Monarchia) e con la Costituente ( o.d.g. Perassi: Repubblica parlamentare) è stata costruita su tre pilastri:
- Forma di Stato: democrazia parlamentare con poteri bilanciati
- Democrazia organizzata fondata sui partiti
- Compromesso socialdemocratico per realizzare la coesione sociale
Questo scenario complessivo è stato rispettato sino al 1993/94, al netto delle interpretazioni e delle distorsioni virtuose o degenerate di vecchia e italica tradizione.
Dire che il semplice accennare al superamento delle tre grandi coordinate sia un attentato alla democrazia è improprio ed avventato.
La nostra non è la migliore democrazia possibile nè è l’unica praticata tra gli Stati moderni.
Tutto si può discutere e di ogni sacra norma si può chiedere la revisione. L’unica cosa che è preliminare ed essenziale è definire la proposta organica di cambiamento.
Renzi è un simpatico arruffapopolo, è un toscano come Benigni, ma non fa ridere.
In sostanza sfugge al tema: come si procede alla riforma delle istituzioni per via democratica con un cambio di personale politico e con un rinnovo della cultura civile.
Renzi che forma di Stato vuole? Presidenziale, semipresidenziale, parlamentare, consolare? Ce lo dica.
È troppo poco parlare di Sindaci d’Italia, perché la legge comunale attuale elegge i sindaci per una consiliatura, ma rende inoperante la democrazia consiliare.
Renzi che democrazia organizzata vuole? Non vuole quella dei partiti, e va bene. Ma con che cosa la sostituisce?
Con la democrazia dei consigli dei produttori, dei giornalisti, dei sondaggisti e dei giudici, che sostituisce i soviet degli operai, dei contadini e dei soldati?
Renzi pensa di cancellare il compromesso socialdemocratico con la competizione selvaggia che seleziona, premia e punisce ceti, gruppi sociali ed individui? O pensa ad un modello lapiriano di carità?
Renzi, se darà le risposte a queste semplici domande, ci farà capire se resteremo in Europa o se sprofonderemo nel lago dei tentativi democratici del Magreb illudendoci di essere nell’anticamera degli Stati Uniti.
Dico ciò perché ritengo che Renzi può essere una forza di cambiamento solo se scenderà dal palcoscenico e non si innamorerà troppo del suo eloquio toscano.