Renzi e Marinetti
Alcuni giorni fa, al Guggenheim Museum di New York si è aperta una mostra, ben documentata, sul Futurismo. Fu un movimento, diremo oggi, multidisciplinare: dalla poesia, all’architettura, alla cucina, alla moda, Filippo Tommaso Marinetti il suo ideatore. Italiano vissuto tra Alessandria d’Egitto, Parigi, Berlino, Milano ma sempre mosso da una grande sofferenza per la cultura “passatista” Italiana. Marinetti, non fu mai un ideologo semmai un irriverente iconoclasta. Flirtò a lungo con il Fascismo, vi aderì nel 1919 vi usci nel 1920 vivendo con esso sempre un rapporto mai sereno, sino agli ultimi giorni della sua vita. Si spense a Bellagio nel 1944 mentre componeva versi che esaltavano le imprese della X MAS.
Per anni il Futurismo e’ stato poco studiato, spesso relegato a propagine artistica del Fascismo. Ora riappare prepotentemente nella agenda di ricerca di accademici e galleristi.
Mentre questo accadeva a New York nei severi palazzo romani del potere si compiva un passaggio di consegne, di potere, ai più incomprensibile.
Matteo Renzi dopo tante dichiarazioni di lealtà politica a Enrico Letta lo defenestrava aprendosi la strada per Palazzo Chigi, per diventare il più giovane Presidente del Consiglio. Sarà il gioco duro della politica a permettere queste manovre.
Eppure tra il bombastico messaggio futuristico e le piroette auto elogiative e seducenti di Renzi corre una sottile analogia? Renzi arriva in un momento di grande stagnazione culturale economica e sociale del Paese. L’Italia non sa dove andare, o meglio gli industriali sanno dove delocalizzare, i grandi capitalisti sanno ove allocare i loro risparmi mentre la stragrande maggioranza del Paese e’ in cerca di un orientamento, si direbbe una bussola. Renzi irrompe sulla scena con il suo Manifesto. Ha soluzioni per tutte le priorità sociali e politiche italiane senza però spiegare le modalità attuative delle sue proposte. Non importa.
Il messaggio, bombastico, prevale sui contenuti, sulla concettualità. L’importante è comunicare che il momento attuale, quello politico, va cambiato. Perché più scendi nella tradizione, nel tecnicismo, più il politico, come il futurista si trova irretito. Incapace di andarsi a collocare in quella tradizione che lui teme. La tradizione spaventa, non concede grandi margini di improvvisazione. Tutto questo oggi si e’ ritirato dalla vita politica, dalla comunicazione politica.
Renzi si erge sulle sue parole, sulle sue promesse. Sulla mancanza di esperienza. Non conta. Chiunque poteva essere artista. Chiunque puo’ essere Ministro. L’inesperienza e’ una dote. Renzi va veloce. Il Futurismo esaltava la velocità, la tecnica, persino la guerra. Renzi non osa spingersi tanto lontano. Ha irrotto nel palazzo, non lo ha ancora ancora incendiato. Ha proclamato, per certi versi pontificato.
Speriamo non abbia studiato Marinetti ed il Futurismo. La politica vive attraverso il cambiamento: il Futurismo e spesso tutta l’arte rompono con la tradizione, inventano, immaginano nuove realtà. La politica le costruisce.