I say je sto ccà
Ripetere in queste ore che si è di fronte a un colpo di stato non ha alcun senso.
Quello che sta avvenendo comincia e finisce nei limiti della nostra Costituzione, il che non lo rende, tuttavia, né più facile né più leggero da sopportare.
Non si poteva andare a votare, lo sappiamo. Avevamo scelta?
Non oggi, probabilmente, ma questo non fa certo star meglio, anche perché non è dal nulla che proviene questo caos, ma da un vuoto decisionale che ha riguardato le forze politiche e sociali tutte.
Ora che succede?
Mi piacerebbe pensare a questa fase come a quel fiume di merda da cui Andy esce pulito e profumato, ma a noi non accadrà: non ne usciremo puliti, ma credo comunque che questa sia, ad oggi, l’unica strada praticabile per evadere dalla galera.
L’Italia è un paese di destra e da questa gente il massimo che si possa sperare è che sia almeno in buonafede: siamo minoranza, lo siamo sempre stati e l’unica chance, per noi, è stare in mezzo alla gente.
Siamo antifascisti, europeisti, laici. Non ci piace la personalissima idea di legalità della destra, né crediamo nella favola della democrazia diretta unita allo sterile bullismo dei grillini.
Siamo la sinistra: abbiamo la nostra storia, i nostri eroi e le nostre idee, abbiamo le nostre radici e i nostri sogni, ma, soprattutto, abbiamo i nostri progetti, la nostra idea di futuro e di felicità; in questo passaggio storico io non mi sento rappresentata, ma non ho più tre anni.
C’è del buono in politica e c’è del buono in questo paese e a un vecchio di novant’anni che si mette ad ordire complotti spinto da senili fregole monarchiche io, francamente, non ci credo.
So bene che non avrò mai un partito o una società a mia immagine e somiglianza, ma ciò non significa che io non possa lavorare perché o la politica o la società (o entrambi!) si avvicinino un po’ di più a quello in cui io credo.
Non siamo noi quelli che danno sempre la colpa agli altri, che invocano gli inciuci, l’uomo nero e i mammacicciomitocca: siamo adulti e siamo vivi e scuse non ne abbiamo.
Scegliamoci una battaglia e combattiamola. Io la mia l’ho scelta, tempo fa e, per quanto lo reputi un esercizio a tratti consolatorio, di gente che si lamenta e basta urlando dal web senza poi fare assolutamente nulla nel proprio quotidiano, io sono satura. Possiamo restare come bambini imbronciati a lagnarci del maltolto su facebook e twitter o cercare, in primo luogo, di comprendere davvero quel che è accaduto e, in secondo luogo, di spingere come società civile, membri di un partito e semplici cittadini perché, prima di tutto, si faccia questa maledetta legge elettorale e cose del genere non avvengano più.
Non amo Renzi, non l’ho mai nascosto e credo che questa scelta danneggerà lui e la sinistra tutta, ma ormai è fatta.
É stato legale? Sì. È stato saggio? Presumibilmente no. É stato giusto? Maledizione, no, per niente, ma occorreva pensarci prima. Per adesso, io sto a guardare.
p.s. Contrariamente a quanto lo spirito irenico del mio conscio potrebbe suggerire, confesso che un paio di giorni fa ho sognato di essere con Bersani. Eravamo seduti sulla riva di un fiume, a fumare. Mi sono voltata e gli ho chiesto: “Nè Pierlui’, ma che stiamo facendo?“. E lui, sereno, ha guardato la corrente e poi me e ha risposto: “Aspettiamo, Anna; aspettiamo“.