Si è chiuso un ventennio?
“Si è chiuso un ventennio” ha sostenuto domenica 6 ottobre Enrico Letta. Affermazione molto impegnativa e forse anche un po’ troppo ottimistica.
Se guardiamo alla parabola politica di Berlusconi, con un’ottica cinematografica, ci accorgiamo che assomiglia ad una sorta di Terminator. Ogni volta che sembra sul punto di essere sconfitto, all’ultimo secondo si rialza più forte e minaccioso di prima. Dalla sua discesa in campo si ricordano almeno quattro “resurrezioni politiche”, quattro sconfitte da cui è uscito più forte che mai. Certo, questa volta le cose sono diverse: il PDL è sull’orlo della scissione e, comunque andrà il voto di Giunta, non potrà essere più ricandidato. Tuttavia, visti i precedenti, è meglio andarci con i piedi di piombo.
Ma al di là di quello che sarà il destino politico di Berlusconi sicuramente da un punto di vista sociale non si è affatto chiuso un ventennio e né si concluderà facilmente.
Il berlusconismo ha prodotto una sorta di mutazione genetica del DNA degli italiani difficilmente misurabile e che, soprattutto, ha colpito tutti.
Volete un esempio?
Prendete il tema della giustizia. Vent’anni di martellante ossessiva lotta contro il potere giudiziario, di confusione e di manipolazione della realtà, hanno prodotto negli italiani una strana mutazione del concetto di diritto in uno stato democratico. Il paradosso più grande è che oggi siamo arrivati al punto per cui chi dice che dopo tre gradi di giudizio una sentenza è definitiva è considerato un rivoluzionario o un paladino dei valori della democrazia, mentre un Bondi può definirsi un moderato liberale di destra e nel contempo affermare che i magistrati non possono con il loro operato opporsi “alla volontà del popolo”.
Ora provate per un secondo ad immaginare come si sentirebbe un anarchico di fine ottocento se all’improvviso si trovasse nell’Italia del 2013. Vallo a spiegare che il popolo a cui si riferisce “il compagno” Bondi non è quello dei proletari, ma quello dei fan del leader del più grande partito di destra italiano!
Purtroppo però questo non è l’unico effetto distorto del berlusconismo.
Il perfido gene è in grado di insinuarsi subdolamente anche in chi all’apparenza ne sembra l’antidoto.
Prendete per esempio l’attuale sindaco di Napoli, Luigi de Magistris. Da Pm d’assalto ha incarnato per molti, grazie anche alla sua presenza fissa da Santoro, la quintessenza dell’anti berlusconiano, del paladino della legalità a tutti i costi che, armato di coraggio e di Costituzione, combatteva la sua battaglia contro massonerie, politici corrotti, corruzione e sperpero di denaro pubblico. Per lui non c’erano sfumature di fronte alla legge.
Quello che non poteva sapere il buon de Magistris è che dentro di lui, come in quasi tutti gli italiani, covava silente il virus berlusconiano pronto a comparire all’improvviso. E così è bastata un’inchiesta della Procura della Repubblica che ha aperto un fascicolo su suo fratello Claudio per presunti abusi durante la coppa America, per modificare il DNA dell’ex magistrato, oggi sindaco, tanto da fargli affermare che “la violenza verbale con cui cercano di fermarci non raggiungerà mai l’amore con cui vogliamo rendere sempre più viva la nostra Napoli” (concetto inquietantemente simile “all’amore che vince sempre sull’odio e sull’invidia” di Silvio).
Per il nuovo de Magistris geneticamente modificato, oramai lontano parente del de Magistris Pm, se un dubbio, un’insinuazione o addirittura un’inchiesta della magistratura colpisce qualcuno dei suoi si tratta senza dubbio di una “macchina del fango sollevata da chi non vuole che la città sia liberata dal malaffare”.
In pratica, ognuno ha le proprie “toghe avverse”. Lo stesso vale anche per le sentenze. Se infatti una condanna non basta ai berlusconiani per dire che il loro leader debba farsi da parte, così anche per de Magistris (ovviamente dopo la condanna ad un anno del vice sindaco Sodano per l’aggressione ad una vigilessa durante una seduta del Consiglio comunale di Pomigliano d’Arco ) “non può essere la magistratura a selezionare la classe dirigente” e del resto “quando si fanno battaglie, come fanno i politici coraggiosi, ci può stare di ricevere un esposto o una denuncia e quindi anche di avere una condanna”.
A questo punto, forse, è giunta l’ora di cercare un buon antidoto contro il virus del berlusconismo.