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15 Gen 2014

Sul San Carlo De Magistris fa l’unica cosa di cui è capace: demagogia

Sul San Carlo il Sindaco di Napoli fa l’unica cosa di cui è capace: demagogia

Essere vicino ai lavoratori del Teatro significa ben altro che attaccare a testa bassa il Decreto Cultura. Ha fatto bene  il pubblico napoletano della prima del “Barbiere di Siviglia” a subissarlo di fischi alla sola pronuncia del suo nome, quando i lavoratori hanno letto il loro comunicato di protesta sindacale prima che s’alzasse il sipario.

Luigi de Magistris merita il dissenso clamoroso che gli viene manifestato in queste settimane (anche con il suo crollo nei cosiddetti sondaggi di gradimento dei primi cittadini italiani)  poiché esso è la conseguenza diretta della sua azione politica e soprattutto del modo in cui si é posto nei confronti della città. Ormai é al potere da due anni e mezzo e non si coglie alcun beneficio dalla sua amministrazione nè se ne ravvisano elementi di miglioramento rispetto ai suoi predecessori: un consiglio e una giunta rissosi, tutti i collaboratori più capaci dimessi, inchieste in corso, problemi reali della città tutti irrisolti (rifiuti, viabilità, scuole, legalità, ecc.). Esiste solo una gran retorica sulla discoteca a cielo aperto che fra breve si trasformerà in cloaca a cielo aperto.

Mentre un anno fa’ il sindaco negava l’autorizzazione all’impermeabilizzazione d’urgenza della stazione Arco Mirelli (c’è al protocollo una richiesta in tal senso del direttore dei lavori), poi origine del crollo di Palazzo Guevara alla Riviera, per tenere chiuso il lungomare in previsione della Coppa America, oggi si occupa del registro del DNA dei cani per identificare i padroni (da multare) dei produttori di escrementi non rialzati con la paletta dalle strade. Così come fu violento e folle il suo ingresso in bandana al Municipio al grido dello slogan “Scassiamo tutto”, pare più che legittimo che una popolazione da lui palesemente presa per i fondelli  oggi sia esausta di proclami e trionfalismi fuori della realtà. Con l’aggravante che il Sindaco in questi anni ha davvero solo saputo scassare, senza dare segnali di costruzione del bene comune in alcuna direzione. La città è stata tradita e ha diritto di contestarlo anche vibratamente.

Ma veniamo a quel pasticciaccio brutto del Teatro San Carlo: il decreto-cultura (decreto legge 91/2013 convertito con legge  112/2013) doveva essere affrontato non la notte in cui scadevano i termini di presentazione del piano di risanamento (l’8 gennaio), ma tre mesi prima, quando è entrato in vigore, poiché i problemi posti dalla legge erano chiari da allora. Cosa avrebbe portato al San Carlo quel decreto? Nell’immediato circa 7 mln di euro. Vi pare poco? Si potrebbe chiedere: ma a quale prezzo? Al prezzo dei parametri di una gestione semi-commissariale che avrebbe avuto ricadute gravi sugli stipendi dei lavoratori. È vero. E questo andava contrastato seriamente, ma non con la pagliacciata di LdM e  l’ignavo lavaggio di mani degli altri membri del CdA.

Cosa avrebbe dovuto fare un amministratore serio? Capire il problema in tempo e fare una battaglia salariale con e dalla parte dei lavoratori presso il ministero.

Come? Innanzitutto con l’unità del CdA che rappresentando forze politiche diverse avrebbe potuto agire (allora) su un governo ancora di larghe intese, avendo appoggi multilaterali. Ma ciò non fu.

Inoltre, il sindaco avrebbe dovuto mettere in evidenza che, al contrario degli altri enti lirici (per i quali – diciamolo – è stato pensato ed è nato il decreto), il Teatro San Carlo ha un conto economico non in rosso, o se preferisci un esercizio in attivo. Questo avrebbe consentito di mettere in evidenza un deficit strutturale che dipende dalla stessa dotazione iniziale della Fondazione San Carlo, costituita da un patrimonio immobiliare non monetizzabile e di fatto incommerciabile (il diritto d’uso sul teatro) ed erede di una debitoria previdenziale e fiscale mastodontica.

Da questo dato economico formidabile (cioè: dopo il commissariamento Nastasi  l’attività musicale del San Carlo anno per anno di per sè non è in perdita, ma lo squilibrio economico dipende dal retaggio del passato), il CdA avrebbe dovuto avere la forza di aderire al decreto presentando il piano e ottenere dal ministero la deroga sulla disapplicazione dei contratti di lavoro aziendali che rappresentano il 30-35% della busta paga dei lavoratori. Intanto sarebbero entrati i soldi del piano e si sarebbe messo in chiaro che la pregressa debitoria erariale e previdenziale avrebbe dovuto essere sanata con altre misure straordinarie.

20140104_sindacoateatroCosa ha invece fatto LdM? Si è presentato l’ultimo giorno con una delibera della giunta comunale che millanta il conferimento di 20mln di euro in immobili comunali alla fondazione. Chiaramente quella delibera, pur con tutta la (?) efficacia politica che le si voglia riconoscere, ai fini giuridici è carta straccia. Perché non è esecutiva in quanto deve essere approvata dal Consiglio Comunale e poi deve essere resa operativa con un atto di trasferimento immobiliare secondo tutti i requisiti di forma e di sostanza previsti dalla legge. Ora gli altri consiglieri (tra cui il Governatore Caldoro) si sono dimessi. C’è il rischio di mancato funzionamento degli organi. Questo sì che potrebbe  portare a un nuovo commissariamento per impossibilità di gestire l’ente.

Dunque l’idea del sindaco di dire: non è vero che il Teatro di San Carlo sia in squilibrio finanziario tale da ricadere nelle previsione del decreto Cultura, perché da stasera il suo bilancio porta all’attivo immobili per 20 mln, in misura tale da azzerare il deficit (che lo avrebbe fatto rientrare nella gestione straordinaria); l’idea del sindaco, dicevo, è una presa in giro. Nei riguardi dei lavoratori del Teatro (che andavano difesi meglio e più tempestivamente) e nei confronti della città intera.

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Scritto da

Dino Falconio

- Socialista, cattolico, scrittore, notaio in Napoli, giornalista pubblicista, Presidente del Comitato Notarile della Regione Campania, docente all’Università Federico II (Scuola di Specializzazione delle Professioni Legali), Presidente della ONLUS Energia del Sorriso, Vicepresidente dell'A.S.J.A. Pontano (sezione napoletana dell'associazione ex alunni dei Padri Gesuiti), Consigliere Segretario del Circolo Canottieri Napoli, fondatore del movimento metropolitano FareRete.

  • Michele Petriccione

    Infatti è vero che De Magistris fa demagogia facile, è altrettanto vero che il Valore cultura di Bray è inaccettabile. Non si tratta infatti di un “fondo” ma di un prestito a caro prezzo, come sottolineato da Dino Falconio. Inoltre, sempre come sottolineato nell’articolo, si tratta di un decreto fatto per salvare altre fondazioni, dunque non si capisce perchè anche il San Carlo debba caderci dentro perdendo autonomia. Ciò che andrebbe sottolineato è la incredibile approssimazioni di molte forze politiche, Pd compreso, che senza nemmeno leggersi uno straccio di documento hanno pensato che il Valore Cultura fosse un regalo da non rifiutare. Non è così, ed il caro Ministro lo sa benissimo. Dunque, meno demagogia da De magistris, meno sciacallaggio da parte di Caldoro e degli altri membri del Cda e meno “ponziopilatismo” da parte del ministro Bray.

  • Michele petriccione

    invito a non far confusione tra la situazione del San Carlo, la posizione sindacale in atto e il sindaco di Napoli. Se infatti è vero che De Magistris fa demagogia facile, è altrettanto vero che il Valore cultura di Bray è inaccettabile. Non si tratta infatti di un “fondo” ma di un prestito a caro prezzo, come sottolinea anche Dino Falconio. Inoltre, sempre come sottolineato nell’articolo, si tratta di un decreto fatto per salvare altre fondazioni, dunque non si capisce perchè anche il San Carlo debba caderci dentro perdendo autonomia. Ciò che andrebbe sottolineato è la incredibile approssimazioni di molte forze politiche, Pd compreso, che senza nemmeno leggersi uno straccio di documento hanno pensato che il Valore Cultura fosse un regalo da non rifiutare. Non è così, ed il caro Ministro lo sa benissimo. Dunque, meno demagogia da De magistris, meno sciacallaggio da parte di Caldoro e degli altri membri del Cda e meno “ponziopilatismo” da parte del ministro Bray.