Una cosa i progetti di Renzi, un’altra la politica
Commentare il discorso alle Camere di Renzi è inutile.
Ovvietà, arroganza e genericità nel disegnare l’orizzonte 2018 e nell’indicare le ignote vie da percorrere, sono gli ingredienti di una ribollita senza cavolo nero e con molta cipolla bianca.
Ma parliamo del messaggio nascosto.
Indicare la durata della legislatura non è solo una furbata per assicurare i parlamentari di un rinvio del licenziamento, ma vuole anche annunciare il passaggio dalla forma di governo di necessità alla tradizionale forma di governo ordinario.
Tradotto in termini più semplici: il governo Renzi, a differenza del governo Letta, non è il governo del Presidente della Repubblica ma è il governo del Segretario del partito di maggioranza relativa che ha trovato non una maggioranza in Parlamento, ma diverse e variegate maggioranze (una di governo, una per la legge elettorale, una per ogni riforma, ed una, forse, la più indistruttibile, del terrore per lo scioglimento anticipato delle Camere).
Quindi, solo per questa molteplicità di maggioranze, tutte autonome e tutte convergenti, si può dire che questo governo è del Signor Renzi, Sindaco d’Italia, espressione plastica del principio autoritario dell’indivisibilità del potere.
Ma questo perverso desiderio non è senza conseguenze.
Dice qualcosa di più violento e di più mirato.
Dice ai parlamentari: da oggi siete meno liberi nei miei confronti, ma siete affrancati dall’atto di sottomissione al Presidente della Repubblica che il risultato elettorale del 25 febbraio vi costrinse a sottoscrivere con l’umiliante processione al Colle.
Ora Renzi spera nell’irritazione del Colle perchè Napolitano si dimetta e sciolga il Patto Parlamento – Quirinale.
E se non dovesse farlo, sarà lo stesso Renzi a compiere qualche irriverente provocazione.
La vera carta coperta dell’accordo con Berlusconi è l’intesa sulla nomina del futuro Presidente della Repubblica.
Poi penserà il “toscano” con l’uso disinvolto della parola a spiegare che il Paese può tornare normale dopo la liberazione del Parlamento dalla protezione presidenziale.
Questo il “pensierino” del “ragazzo prodigio”, ma in politica i fatti sono più complessi.