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21 Mag 2012

Viva il Napoli…non Napoli

di Michele Petriccione.
Appena vinta una coppa, dopo vent’anni, si ha tutto il diritto di essere euforici e contenti. Ma la gioia è sempre l’altra faccia della tristezza, spesso addirittura della disperazione: avete mai visto qualcuno triste o disperato esplodere contemporaneamente di gioia? Potrete rispondere affermativamente solo sul presupposto che la tristezza non è reale, non è veramente sentita. Se dunque si è tristi, disperati, offesi, sconvolti, sdegnati, indignati, davvero e nel profondo, si può poi improvvisamente gioire?
Qualcuno dirà che una grande gioia, basata magari su un evento sportivo, serve a distrarsi, a placare un po’ della propria rabbia, della propria indignazione. Forse è così, ma detto da tifosissimo del Napoli penso che invece sia solo un modo di legittimare la propria indifferenza.
Indifferenza perché tanto è successo ad altri, non a me.  Perché così viviamo,  l’ “io” prima del “noi”, massificati nella ignoranza di essere autosufficienti purché le sventure tocchino gli altri.
Ma come da paese rigorosamente bigotto, nella propria falsa e astratta superiorità morale, tutti sono pontificatori più o meno baciati dalla verità di Nostro signore nel puntare il dito contro qualcun altro con battute, freddure, insulti rigorosamente via rete, rigorosamente senza contradditorio. Quando si tratta di entrare nella concreta realtà fuori dalla rete, esplodono senza vergogna tutte le contraddizioni.
Il Napoli dunque vince la coppa Italia. Prima della partita, minuto di silenzio.  Prima della partita, argomento comune della bigottame vario è “ ci toccano i nostri figli fuori dalle scuole”, “politici ( è sempre colpa loro) strafottenti e includenti”.
La stessa politica della moralità restaurata, il pomeriggio del barbaro attentato, invitava tutti a scendere in piazza dinanzi al Comune con i fazzoletti bianchi, in segno di reazione di una cittadinanza che mostrava il tratto della sua civiltà. La stessa politica che ha gioito per una festa notturna, incivile, inopportuna, che si poteva almeno rimandare di un giorno. La stessa civiltà di quanti proprio non potevano aspettare che si concludesse una giornata di lutto resa ancora più dura dalla devastazione di una regione per il tremare della terra.
Non avremmo voluto vedere una ragazza uccisa da una bomba prima di entrare a scuola, non avremmo voluto vedere operai uccisi dal terremoto mentre erano al lavoro, non avremmo voluto vedere monumenti del patrimonio culturale andare in pezzi, non avremmo voluto vedere una festa inopportuna.
Potevamo gioire con un po’ di rispetto. Potevamo aspettare. Potevamo attendere di vedere Hamsik senza la cresta, anche perché francamente non ce ne frega nulla.

Scritto da

Michele Petriccione

- Segretario Regionale SLC Cgil della Campania, sindacato della comunicazione. Mi occupo di comuncazione politica e social marketing. Sono tra i fondatori de La Prima Pietra per costruire un socialismo libero e democratico, per "non viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza ".